“Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte…”
di Nicola Femminella
“Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro difficile Paese”.
Con questi dignitoso enunciato e altero richiamo Piero Angela si è congedato dall’umana esistenza e da tutti coloro che lo leggeranno e che hanno seguito per molti anni i programmi ideati per la televisione di Stato dall’illustre giornalista.
Per l’occasione ha utilizzato parole da tutti noi usate nella quotidianità, per cui non occorre molto per comprenderne il significato, che è facile da cogliere ma estremamente efficace per richiamarci alle nostre responsabilità nei confronti di un Paese che continua a soffrire una insonnia mai pacata. Ci indica che lui nel corso della vita ha svolto i propri compiti con spirito di servizio e puntualmente, seguendo l’imperativo del “dover fare” rispetto alla società in cui è vissuto e alle competenze e ai ruoli che in essa ha posto in essere e interpretato. Ci fa capire che non è venuto meno ai compiti e agli adempimenti contratti, rivolgendosi e interagendo con milioni di spettatori che seguivano fedelmente le sue apparizioni sul video. E sono state davvero tante, senza mai dover abbandonare il suo posto al sole per l’affievolirsi dell’audience. Eppure non era facile perseguire due obiettivi che gli sono stati riconosciuti: chiamare e riunire il popolo italiano mediante i saperi molteplici e contribuire all’innalzamento del tasso culturale di ciascuno di noi. Beni necessari, oggi più che mai per il momento storico certamente non col vento in poppa che attraversa il nostro Paese, come ha ricordato lo stesso Piero Angela. Mi sembra che “la parte” da lui svolta e rivendicata sia stata abbastanza impegnativa nel corso degli anni, perché ha richiesto un carico professionale non lieve. Il che non è poco e perciò la sua scomparsa ha destato unanime e diffuso cordoglio. Chiarita la sua posizione, esprime una speranza che è anche un richiamo forte: “Ognuno di voi faccia lo stesso”. Il pallino lo rimanda a noi e deve essere giocato nell’ambito dei compiti per i quali ognuno di noi è delegato e al ruolo che svolge nella società. Vale a dire che i politici in primis, nelle varie articolazioni nelle quali si dispiega l’amministrazione della res publica, devono curare e provvedere al bene comune. Con assoluta abnegazione e impiegando energie e capacità, senza alcun risparmio. A loro non è dato di tradire le aspettative di coloro che li votano e in ogni momento devono rendere conto del proprio operato. Chi si occupa di giustizia la deve amministrare secondo i codici vigenti con puntualità e rettitudine, senza deroghe dal proprio dovere istituzionale e consapevoli della limpidezza integerrima da cui farsi guidare, pronti fino all’estremo sacrificio per la proclamazione della verità e della giustizia. Paolo Borsellino e Giovanni Falcone lo hanno fatto immolando la propria vita senza tentennamenti. Accanto a loro agenti impavidi. L’apparato sanitario deve stare al capezzale dell’ammalato, soccorrere chi ne ha bisogno, con scrupolo e senza negligenza. Si dice che il lavoro degli operatori sanitari sia una missione; io dico che è un dovere. Certo bisogna dare loro strumenti e strutture perché possano farlo senza patemi d’animo. Cominciamo a fare la cosa più semplice. Aboliamo il numero chiuso alla facoltà di medicina nelle università, vista la carenza cronica e grave di medici. Forse è una ricetta più semplice quella di invitare i medici cubani a venire in Italia per otturare la falla negli organici. Le forze dell’ordine devono tutelare i cittadini e correre in loro soccorso quando sono in pericolo. Talvolta a rischio e pericolo della propria incolumità, ma ciò che fanno è fondamentale per garantire la convivenza civile e l’ordine pubblico. Le agenzie educative devono attendere compiutamente alla crescita morale e culturale delle giovani generazioni in particolare e a quella degli adulti con un’azione permanente, formando le coscienze con indirizzi idonei e azione instancabile. Compiere percorsi efficaci nelle scuole, nelle associazioni, in ogni luogo nelle quali sono chiamate ad operare. Socializzare i problemi comuni e fornire indicazioni valide per superarli. Percorrere vie innovative per intervenire in una società sempre più in affanno, dove la scuola, la famiglia, la chiesa, il circolo politico e sindacale, le strutture culturali sono talvolta perdenti rispetto ai social e ai milioni di follower che impongono messaggi pervasivi e talvolta devianti e interessati. La stampa e i mezzi di comunicazione devono informare secondo i codici deontologici che non possono essere messi da parte in nessun caso e modo. Non professare appartenenza né genuflessione verso i potenti e i padroni del battello sul quale sovente vogliono salire. Contribuire alla comprensione di uomini e fatti che decidono l’esistenza delle masse, facendo chiarezza e approfondendo temi e questioni. E nello stesso modo si possono ipotizzare le strade che devono intraprendere tutte le categorie, i gruppi organizzati che in qualche modo agiscono all’interno delle comunità con più o meno responsabilità. È facile ricavare tutti i doveri di ogni categoria di persone. Quelle degli imprenditori, degli uomini d’affare, degli impiegati e lavoratori, dei cittadini di ogni genere e ogni età.
Sono consapevole che ciò è pura declamazione, e forse lontana dalle umane debolezze e dalle limitate capacità che ognuno di noi è in grado di esprimere. Ma è pur vero che il traguardo, oppure qualche tappa non sono impossibili da raggiungere, a rifletterci bene. Basta incamminarsi verso la strada giusta e fare le prime scelte che si presentano lungo il percorso. Il resto verrà naturalmente. Lo ha fatto Piero Angela. E non era un santo. Lo potrà fare ognun di noi nel suo piccolo, vivendo felicemente insieme agli altri. E con la propria coscienza. Un giorno dopo l’altro…