La mafia attacca lo Stato
di Mario Fortunato da Cronista di Strada del 23 maggio 2022
“Due attentati mettono a dura prova la legalità siciliana. Il 23 maggio, viene ammazzato il giudice Giovanni Falcone e, il 19 luglio, il giudice Paolo Emanuele Borsellino. Falcone perde la vita a Capaci (sull’autostrada che collega l’aeroporto Punta Raisi a Palermo), a bordo dell’autoblindata sulla quale viaggia con la moglie Francesca Morvillo (anche lei magistrato), fatta saltare in aria da 400 chili di tritolo sistemati nella scarpata. Restano assassinati anche gli agenti della scorta: Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro.
Borsellino, invece, è ucciso in via D’Amelio a Palermo, nei pressi della casa di sua madre, a causa dell’esplosione di una Fiat 126 imbottita di 100 chili di tritolo. Perdono la vita anche Emanuela Loi (la prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Falcone e Borsellino da anni combattevano per riportare la legalità nella loro terra. Grazie alle loro inchieste, la magistratura aveva potuto celebrare il primo maxiprocesso della storia (con oltre 400 persone giudicate), conclusosi a Palermo il 16 novembre 1987” (pag. 331 ‘Il Secolo della Luna’).
I luoghi, i personaggi, la storia
“Dove gli alberi hanno i nomi degli uomini e delle donne di Stato uccisi dalla mafia”.
Sul luogo dove avvenne la strage sono state erette due Stele; a ridosso dell’autostrada è stato realizzato il ‘Giardino della Memoria’ dedicato alle vittime della lotta contro la mafia. La denominazione del Parco ‘Quarto Savona Quindici’ ricorda il nome in codice della squadra della scorta. Per ogni vittima è stato piantato un albero d’ulivo. Inaugurato nel 2017, il Parco è divenuto luogo simbolo in onore di coloro che hanno perso la vita servendo lo Stato, nonché tappa obbligata anche per le gite scolastiche. Suscita riflessione e amarezza la doverosa sosta dinanzi alla teca che custodisce i resti della ‘Croma’ colpita in pieno dall’esplosione. Oggi viene portata in giro per tutta Italia dalla vedova Tina Montinaro: come simbolo di legalità e giustizia.
‘Non si può passare da Capaci senza fermarsi!’
“Cosa si prova a percorrere la strada per Capaci? Per prima cosa disorientamento. E se coraggio vuol dire in latino “avere cuore’, quanto cuore metteva Giovanni Falcone per la sua terra. Significa svolgere il proprio dovere sapendo controllare la paura fino al sacrificio. Ci rimane la rabbia per un mondo possibile” (Testimonianza di ‘Nino’ Fortunato, farmacista che ha visitato il luogo della tragedia con la famiglia).
Curiosità che lasciano l’amaro in bocca
-Le stragi del 1992 sarebbero state decise dopo la sentenza della Cassazione che aveva confermato gli ergastoli del Maxiprocesso di Palermo (30 gennaio 1992). In un paio di riunioni presiedute dal boss Salvatore Riina furono scelte le vittime e gli assassini. Giovanni Brusca, detto lo scannacristiani, fu preferito per coordinare la Strage di Capaci e Salvatore Biondino per uccidere Paolo Borsellino.
-Giovanni Salvatore Augusto Falcone è stato una delle personalità più importanti e prestigiose nella lotta alla mafia. All’età di tredici anni, giocando a calcio all’Oratorio, conobbe Paolo Borsellino, con cui si sarebbe ritrovato prima all’università e poi in magistratura. Uniti da sincera amicicizia, da valorose idee e da un triste destino.
L’attentato di Capaci sarebbe stato simulato nell’aprile del ’92 in contrada Rebuttone, nei pressi di Altofonde, comune di Palermo di circa 10.000 abitanti. La Fiat 126 color amaranto fatta esplodere dinanzi alla casa del giudice Borsellino fu rubata l’8 luglio e custodita in un magazzino di Brancaccio; l’11 luglio venne spostata in un garage a Corso dei Mille, dove un meccanico di fiducia riparò freni e frizione; nella stessa giornata ebbero luogo la prova del telecomando e delle trasmittenti utilizzate nell’attentato.
Antonino Caponnetto in un’intervistato rilasciata alla RAI rivelò che via D’Amelio, essendo molto stretta, veniva considerata una strada pericolosa; per tali motivi era stato chiesto alla Questura di Palermo di vietare il parcheggio di veicoli davanti alla casa dove abitava la mamma di Borsellino. La richiesta non ebbe seguito.
Il giudice Falcone, noto e apprezzato anche a livello internazionale, prima di essere assassinato era stato oggetto di vergognose critiche e “voltafaccia”: nel 1988, per la sostituzione di Antonino Caponnetto (capo dell’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo), gli era stato prefrito il giudice Antonino Meli; “coniuga alla maggiore anzianità di ruolo, un quadro professionale apprezzabile, per cui pienamente idoneo”, scriveva la commissione del CSM, precisando: “L’uomo giusto non è pertanto quegli che si prospetta in ipotesi preliminarmente il più idoneo alla copertura di un determinato posto, volta per volta oggetto di concorso, nel quale le qualità professionali vengono commisurate anche alle specificità ambientali, ma è innanzitutto quello scelto con criteri giusti e cioè legittimi”; nel 1989, lo stesso magistrato, era sfuggito a un attentato grazie alla scorta che aveva scoperto una borsa con 58 cartucce di esplosivo; il grave episodio fu quasi messo in dubbio da esponenti politici (…questa bomba che esce fuori al momento giusto…)
-Dopo l’assassinio di Falcone, le polemiche si spostarono su Borsellino, nominato Capo della Procura Centrale Antimafia. Lo sdegno fu grande. La signora Agnese, vedova di Borsellino, rifiutò i funerali di stato e durante le esequie dei cinque uomini della scorta, a cui partecipò anche il neo Presidente della Repubblica Eugenio Scalfaro, esplosero le proteste della gente.
”Ho ucciso Giovanni Falcone. Ma non era la prima volta: avevo già adoperato l’auto bomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici e gli uomini della sua scorta. Sono responsabile del sequestro e della morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, che aveva tredici anni quando fu rapito e quindici quando fu ammazzato. Ho commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento.» (Giovanni Brusca, dichiarazione tratta dal libro ‘Ho ucciso Giovanni Falcone’, di Saverio Lodato, Mondadori)
Arrestato nel 1996, nel 2000 gli viene riconosciuto lo status di collaboratore di giustizia. Il 31 maggio 2021 Brusca, dopo aver trascorso 25 anni in carcere, è stato liberato per aver scontato la sua pena, rimanendo sottoposto alla libertà vigilata per ulteriori 4 anni, secondo quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Milano (da Wikipedia).
Per non dimenticare…
Da alcuni anni, per commemorare le stragi della mafia, del terrorismo, del dovere e di ogni forma di criminalità, viene organizzata la manifestazione ‘IO CI SONO’, con la ‘Corsa della memoria’ che può essere programmata in ogni parte del mondo, dal 13 al 23 maggio
“L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza” (Giovanni Falcone)