Parla il fondatore di FdI Crosetto: «Così fermeremo il caro bollette»
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Parla il fondatore di FdI Guido Crosetto
«Guardi, vista la mole del nostro debito pubblico, non mi sfugge l’importanza del giudizio delle agenzie di rating, spero quindi che le prossime valutazione di Moody’s e Standard&Poor’s non siano foriere di brutte sorprese. Detto questo, nel caso di “downgrading” si tratterebbe di una “bocciatura” per il governo Draghi ancora in carica e non certo di per il prossimo esecutivo». Così il fondatore (insieme a Giorgia Meloni e Ignazio La Russa) di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto commenta le voci che che si ripetono da qualche giorno sul nostro debito pubblico. Venerdì (ma la decisione potrebbe slittare) Moody’s potrebbe declassarlo a spazzatura (“junk”) e non sarebbe un bella notizia. Vedremo.
Presidente Crosetto, lei ha auspicato una collaborazione nella stesura della legge di bilancio tra il vecchio e il nuovo governo. Può spiegarci meglio?
«Certo, il mio era un discorso tecnico, non politico e soprattutto una considerazione personale e non per Fratelli d’Italia. Entro il 15 ottobre di solito viene inviata una bozza della legge di Bilancio a Bruxelles per iniziare un dialogo con l’Europa, ma da quello che capisco l’attuale governo non seguirà questa procedura. Ecco se si attendesse il nuovo esecutivo i tempi si allungherebbero inevitabilmente e quindi ci ritroveremmo a ridosso della fine dell’anno con la necessità di varare una Finanziaria molto delicata. Tutto qui, la mia era meramente una considerazione relativa alle tempistiche».
Ha ricevuto aperture al dialogo dal governo?
«No, ma non penso che le eventuali aperture debbano essere rivolte a me».
Secondo lei è possibile che ci sia una continuità di ministri tra il governo uscente e quello subentrante?
«Io non ho nessun titolo per dirlo, ma mi sembra che a questa domanda abbia già risposto la Meloni».
Come?
«Lei ha chiarito che nessuno degli attuali ministri farà parte del nuovo esecutivo».
Per lei si parla della Difesa o di un ruolo a Palazzo Chigi…
«Tutti parlano di cose che non sanno e non esistono. È surreale parlare di ministeri adesso».
In realtà ci sono diverse partite aperte che non aspettano l’insediamento dell’esecutivo. La prima è Ita. Il 30 scade l’esclusiva per la trattativa con il fondo americano Certares. Dovrebbe essere prorogata o il dossier deve passare al nuovo governo?
«Guardi, per rispondere a questa domanda bisognerebbe conoscere i piani industriali presentati che io non conosco. Posso però dirle che secondo me Fiumicino ha tutte le caratteristiche per diventare uno dei principali hub europei per le rotte verso l’Africa e il Medio Oriente»
Ma da un punto di vista politico, secondo lei a chi spetta l’ultima parola su Ita, visto che la trattativa è ancora apertissima?
«Parliamo di un dossier che non è ancora chiuso, mi sembra naturale che sia il nuovo governo a prendere la decisione finale».
Anche la partita su Tim e la rete unica è tutta da decidere…
«Si figuri se mi metto parlare del futuro di una società quotata e sensibile come Tim…».
Si aspetta però a breve un’offerta sulla rete da parte di Cdp-Open Fiber. Cassa Depositi e Prestiti dovrebbe aspettare l’insediamento del nuovo governo?
«Lasci stare. La rete è sicuramente un asset strategico ed è altrettanto urgente capire come possono sopravvivere quattro operatori in un mercato difficile e iper-competitivo come quello delle telecomunicazioni».
La Meloni ha detto e confermato che il nuovo governo non farà scostamenti di bilancio. Dove si trovano i soldi per aiutare famiglie e imprese alle prese con il caro-bolletta?
«Detto che parlo a titolo personale, io andrei a recuperare i circa 40 miliardi di euro di fondi europei 2014-2020 che l’Italia non ha usato e i 25 miliardi di risorse proprie del Pnrr».
Basteranno?
«Per gli interventi più urgenti sì, per mettere un tetto a prezzi di gas ed elettricità in attesa di scelte europee».
Difficile convincere tutti i Paesi europei.
«Beh se non ci sarà una scelta europea si può inserire un tetto anche a livello dei singoli Stati come del resto altri Paesi hanno già fatto».