Ospitare i profughi è un dovere
da Cronista di Strada – di Mario Fortunato
Nobel della Pace per il Pioniere dell’Accoglienza e per le Coste Italiane strenuamente impegnate a salvare i profughi che giungono dal mare.
L’ospitalità ai profughi non è solo un atto umanitario, ma un dovere sancito dai Trattati internazionali. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea delle Nazioni Unite, a Parigi, il 10 dicembre 1948, stabilisce: art. 1) “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritto. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”; art. 14) “Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere, in altri paesi, asilo dalle persecuzioni. La Convenzione di Ginevra del 1952, firmata da 144 Stati, replica che “nessun rifugiato può essere respinto verso un Paese in cui la propria vita o libertà potrebbero essere seriamente minacciate”. La Dichiarazione del Cairo del 1952 che, oltre a ribadire (art. 2) la disposizione di cui sopra, all’art. 9 “assicura protezione internazionale ai rifugiati palestinesi” e all’art. 10 “sottolinea la necessità di adottare una speciale protezione a donne e bambini che costituiscono le più grandi categorie di rifugiati e profughi oltre quelle più esposte a sofferenze”(‘Pianto di primavera’, pagine 122 e 123).
Il pioniere dell’accoglienza
‘Siamo a Bari, sul lungomare IX maggio, nel quartiere San Girolamo dove, nel 2019, è stata collocata una scultura in omaggio a Enrico Dalfino, docente universitario e politico, pioniere dell’accoglienza in Italia. Come sindaco della città di Bari, l’8 agosto 1991, si trovò a gestire da solo il primo sbarco di profughi sulle nostre coste che mise in crisi anche i Papaveri Alti della politica, perché in pochi accettavano di dare accoglienza a tante persone. Alle 6 di mattina, era stato informato con una telefonata della Capitaneria di Porto, che aveva avvistato una nave al largo, con la scritta ‘Vlora‘, stracolma di persone.
Giunto sul porto, il sindaco si trovò dinanzi agli occhi uno spettacolo da far rabbrividire: quasi ventimila persone disperate, affamate, disidratate; profughi albanesi che cercavano di sfuggire alla dittatura che governava l’Albania in quegli anni. Molti furono portati nel vecchio ‘Stadio della Vittoria’. Il sindaco Dalfino, non tenendo conto dei ‘suggerimenti’ si adoperò con ogni mezzo per sistemare in alcuni centri di accoglienza almeno le donne e i bambini
Un atto criticato persino dall’allora presidente Francesco Cossiga che, dopo aver etichettato il sindaco come un bel cretino, pretendeva anche le scuse per il suo comportamento umanitario.
L’espressione infelice, amplificata dai vari tg della sera, non fu gradita da Dalfino che, non tradendo il suo stile elegante e pacato, rispose attraverso un giornale: «Quando saprò di cosa devo chiedere scusa, se questo mio comportamento umanitario sarà riprovevole sul piano etico e sul piano morale, certamente chiederò scusa». Non la prese bene neanche la moglie Anna che non perdonerà mai il cosiddetto Presidente ‘picconatore’. Infatti, quando nel ’92 ci fu l’incontro di chiarimento a Pian di Cansiglio, residenza estiva di Cossiga, la signora Anna, con i figli, preferì attendere il marito in giardino. Dopo circa un’ora di colloquio, i due apparvero a braccetto. La signora, contrariamente all’etichetta, rimase seduta, mantenendo uno sguardo severo. Il Presidente che aveva capito, disse: «Mi dispiace, ma è stato un fatto di Stato». Dispiace anche a noi che, spesso, uomini di grande cultura possano calpestare anche diritti sacrosanti per adempiere certi doveri”.
In politica non basta la bravura
“Il sindaco Dalfino, per il suo atteggiamento umanitario, ricevette più di 4.000 telegrammi e tantissima solidarietà da ogni parte. Ma quella vicenda e le polemiche che ne seguirono furono il pretesto per i suoi alleati politici di farlo fuori, costringendolo alle dimissioni. Alle elezioni politiche, presentatosi da Senatore non venne eletto per pochi voti. In quanto ad irriconoscenza, in politica non c’è da meravigliarsi: Winston Churchill, dopo aver profuso anima e corpo per vincere la guerra, si presentò alle elezioni politiche ed ebbe la stessa sorte. Enrico Dalfino morì il 24 agosto 1994 per un male incurabile. Ha lasciato un’eredità importante, non solo per la Puglia: con le sue straordinarie parole, che fecero il giro del mondo, aprì le porte dell’accoglienza: “Sono persone disperate, non possono essere rispedite indietro, noi siamo la loro unica speranza”ripeteva a chi avrebbe voluto rimandarli indietro.
Parole e gesti che servirono a dare ospitalità a migliaia di profughi albanesi sistemati nei vari centri di accoglienza, creati appositamente in molti paesi e città italiane. Oggi la comunità albanese, in Italia, supera 600.000 persone di cui quasi 200.000 naturalizzati.
Un Premio speciale al sindaco dal grande cuore
Per rendere omaggio al Sindaco Enrico Dalfino – “colpevole” di misericordiosa umanità – La Voce del Meridione fa appello alla Città di Bari, alla Caritas e a tutte le altre Associazione umanitarie e alle persone che aborriscono il razzismo e l’intolleranza affinché venga inoltrata richiesta per la candidatura al Nobel della Pace unitamente all’Isola di Lampedusa e a tutte le altre isole e coste italiane strenuamente impegnate a salvare e ad accogliere i tanti profughi che giungono dal mare.