21 Novembre 2024

“Personaggi, avvenimenti, luoghi del nostro Sud”rubrica a cura di Vincenzo Ciorciari

Il “caffè sospeso” e l’introduzione o l’invenzione di uno speciale “Parrucchiere per signora”, evolutosi poi anche in “Parrucchiere per Signori”, pur meno pomposamente storici di altre manifestazioni napoletane, sono caratterizzati da valenza di fine signorilità e di comprovata utilità sociale che fortunatamente ancora si manifestano.

Approfitto dell’imbeccata dello scrittore e filosofo Luciano De Crescenzo (“Il caffè sospeso, premessa”- Mondadori 2008) che invita i Meridionali a sentirsi Meridionali secondo i canoni della loro migliore tradizione, quando le azioni etiche defluiscono pudiche nella quotidianità delle gentilezze di quartiere, quando la Storia si nobilita nella semplicità di qualcosa che si offre senza sapere a chi: A Napoli, una volta, c’era una bella abitudine: quando una persona stava su di giri e prendeva un caffè al bar, invece di uno

ne pagava due. Il secondo lo riservava al cliente che veniva subito dopo. Detto con altre parole, era un caffè offerto all’umanità. Poi, di tanti in tanto, c’era qualcuno che si affacciava alla porta del bar e chiedeva se c’era un “sospeso.

Il “caffè sospeso”, precisamente o’ suspiso, leggenda vuole che si sia cominciato a praticare durante la Seconda Guerra Mondiale quasi come un auspicio da un lato che quei tempi grevi e disastrosi finissero al più presto e come ringraziamento al destino o a chissà che dall’altro lato di avere la possibilità di pagare non solo il suo caffè ma anche quello di chi non poteva permetterselo. 

Non si trascuri, però, che nella complessità infinita del DNA napoletano e meridionale puoi trovare di tutto, ad esempio quando le cose vanno bene e si ha voglia di brindare alla Dea bendata la nostra gente non si sazia della sua felicità e se non può darne parte ad altri, almeno vuole ad essi comunicarla e con essi festeggiarla nella maniera più amicale. E come? Con un caffè offerto o “sospeso” prima ancora della data della leggenda da quando sono esistiti i bar o, quando poco e non da tutti si frequerntavano, con u bicchiere di vino a quiri ca venin’ nelle cantine come nelle periferie si è praticato fino a molto dopo il periodo della seconda guerra.

L’usanza, ripresa nel 2010 dal Caffè Gambrinus per festeggiare degnamente, ossia in peculiare stile partenopeo, i 150 anni di attività si è espansa con risonanza addirittura mondiale, ad esempio in Argentina, Brasile, Bulgaria, Canadà, Irlanda, Spagna, Russia, Sud Africa, Svezia ecc. e non mancano casi in cui il “sospeso” si sia positivamente sperimentato con altri prodotti o consumi del luogo.

Il caffè sospeso non si considera un’elemosina, bensì un gentil segno di solidarietà e di comprensione verso uno sconosciuto, il “prossimo” in tutti i sensi, che da lì a poco passerà per lo stesso bar. Qualche giorno avanzano i “sospesi”? Non prescrivono, perchè, all’apertura del giorno seguente, la contabilità riprende da quei caffè sospesi non distribuiti ieri e non si ferma la girandola della gentilezza di

coloro che offrono, della corretteza dei baristi che non fanno la cresta, della misura civica di coloro che accettano senza approfittare.

È gradevole aggiungere una nota del New York Times del 24.12.2015: Napoli è una città nota per la sua grinta, la sua bellezza, il suo caos e la sua criminalità. Nonostante queste cose però, la sua gente è anche famosa per la solidarietà di fronte alle difficoltà e una di Corby Kummer, direttore esecutivo di Food & Society allo Aspen Institute, docente alla Tuft Friedman School of Nutrition Science nonchè senior editor di The Atlantic sulle cui pagine sottolinea con parole ammirate i Napoletani e questa loro “scoperta” passando ad esortare, a spingere le grandi catene americane della ristorazione e locali del settore in genere a convincere e abituare anche gli Americani all’uso del “caffè sospeso”.

Al colmo della misura … di rabbia, che si accumula in chi non voglia assolutamente riconoscere civismo e civiltà nella città di Partenope, contribuisce Il Mattino del 2.2.2016 nelle cui pagine si leggeva che il Gambrinus (un paragrafo della Storia di Napoli) serve un caffè gratis a chi porti un mozzicone di sigaretta e non lo getti in strada: per la serie di quando non è necessario imporre il vivere civile ai cittadini, di quando i cittadini sfidano i politici ad emanare leggi moderne anticipandole con il loro comportamento, di quando la civiltà si colora di napoletanità che purtroppo non annulla la presenza imbarazzante di “Madama la Monnezza”, quando c’è, e come che c’è, e in più di un posto pure bastante.

E seguo intingendo nei colori lucidi e brillanti della “partenopeità”. Nel dicembre 2014 è stato inaugurato sempre a Napoli il salone Parrucchiere per signora: Grazie per accettare per merito della “meridionalità” diValentino con salone al Vomero in Corso Europa e di Salvatore con salone nei Quartieri Spagnoli in Vico Due Porte.

Successivamente, come si apprende dalla GAZZETTA di NAPOLI dell’11.12.2017, è sorta l’associazione Salvi per un pelo, formata da barbieri ed estetisti che a Napoli ogni settimana offrono gratis il servizio a chi si trovi in difficoltà: Con l’aiuto della quarta Municipalità, presieduta da Giampiero Perrella, sono stati allestiti nel piazzale antistante la scuola Dante Alighieri (in seguito ogni lunedì i membri dell’associazione ne montano uno in una piazza della città, ndr.) dei gazebo sotto i quali sono stati effettuati i tagli: tutto come in un salone, poltrone e phon compresi (“attivi grazie a un generatore di corrente … Ci sono tante richieste da parte delle associazioni di senza fissa dimora. Ogni settimana cerchiamo di fare fronte spostandoci in varie zone della città …

Per noi è un modo per dare un significato concreto al Natale che si avvicina”), così spiega Pasquale Penza che guida l’associazione.

Così questa gente ha scritto il più semplice, sentito e persuasivo –direi u cchiù azziccato– saggio sulla giornata o sulla festa della donna, anzi saggi di antropologia non a colpi di penna ma a punta di forbice, a tocchi di tinta e a carezze di pettinata per regalare attimi di felicità dimenticati a tante donne in difficoltà e qualche volta vanno a prenderle pure a casa, quelle che per tanti motivi non possono raggiungere il salone.

Potremmo aggiungere che, con la nascita dell’associazione Salvi per un pelo, i più sottili saggisti insieme con i più rispettabili accademici farebbero loro un baffo e pure un contrabbaffo!

E a ragion veduta in quanto si tratta di una pellicola che va svolgendosi da quando esiste Napoli, con fotogrammi che riprendono e memorizzano i cantoni più nascosti del carattere della gente partenopea, lazzara e nobile, meschina e magnanima, vigliacca ed eroica.

Trattasi dell’eterna pellicola su una Napoli che parte di Italiani è abituata a vedere e a farci vedere come uno sgangherato coacervo urbano dove niente funziona e nessuno lavora, ma subito dopo ci si accorge che tutta la città è dotata di un cuore grosso grosso così che mette a funzionare tutto ed essa stessa lavora per tutti e ci si accorge che si volesse girare un esauriente lungometraggio su vizi e difetti, su pregi e virtù di tutto il genere umano, si potrebbe girare solo o per prima a Napoli.

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