24 Novembre 2024

“Personaggi, avvenimenti, luoghi del nostro Sud”rubrica a cura di Vincenzo Ciorciari

Luigia Cannalonga, generalmente ritenuta contadina di Serre, in realtà nacque ad Atena Lucana, giusto documento testuale del Processo verbale, 8-4-1864, della Prefettura della Provincia di Salerno- Giunta Consultiva che esprimeva parere favorevole per l’assegnazione del domicilio coatto: Cannalonga Luigia fu Francesco, nata a Atena, domiciliata a Serre, di anni 50, con due figli, contadina, senza mezzi, imputata quale sospetta manutengola di brigantaggio e dallo stesso documento si evince l’unico riferimento alla data di nascita, anno 1814.

Sposò, 1837(?), Raffaele (o Tancredi) Tranchella (per alcuni Trinchella) modesto proprietario terriero di Serre dalla cui unione nacque a Serre, 1838, Gaetano “Tranchella” e in seconde nozze Leonardo Turco. Gaetano ebbe un fratello di nome Rosario che, in omaggio alla tradizione familiare, finì ben presto in galera. Ambedue, si ripete nelle cronache, furono istruiti dalla madre nel totale odio verso Garibaldi, forse irrazionale perchè ignoti sono i motivi, tanto da contribuire alla trasformarzione del figlio più famoso in brigante, pur avendo prestato servizio fin da bambino “timorato di Dio” presso rispettabili persone, quali il parroco del paese don Francesco Eliseo e il proprietario terriero Fortunato Cicatelli.

Cresceva il giovane e quanto più il lavoro stancava tanto più la fame aumentava, sicchè approfittò dell’apertura della leva per arruolarsi nell’esercito borbonico e ne divenne sottufficiale, ma, scioltosi l’esercito nel 1860, non riconobbe il nuovo stato, non passò in quell’esercito e fu dichiarato “disertore dei Reali Eserciti”.

Per una moltitudine di ragioni già nell’anno seguente lo conosciamo a capo di una banda di media consistenza il cui raggio d’azione era nella zona compresa tra Eboli, Battipaglia e Persano. In tali circostanze Luigia assunse un ruolo ancora più preponderante nella vita del figlio e, come suol dirsi, prese in mano le redini della banda, ne diventò l’amministratrice, ne curò la pianificazione, la strategia e la tattica delle operazioni banditesche, il cosiddetto “deus ex machina” di tutta l’organizzazione che per un buon triennio, 1861-1864, imperversò nella zona degli Alburni, diventandone padrona incontrastata.

Da Giuseppe Melchionda- I briganti negli Alburni (1860-1870), pagg. 68 e segg.- Ass. di Cultura, Sport e Ricreazione Arci Postiglione– Postiglione 1993 che cita come fonte gli Archivi di Stato di Salerno si sfruttano alcune delle scarse informazioni che si hanno su Luigia: il giudice del mandamento di Postiglione inviava un rapporto al Prefetto di Salerno, 4-4-1864, rilevando che …è donna di sentimenti avversi all’attuale regime mentre in una relazione dei carabinieri della compagnia di Campagna era considerata manuntengola e connivente con i briganti … godendo una cattiva opinione in paese, perchè di pessima condotta e, per finire, il sottoprefetto di Campagna dichiarava … è troppo nota costei per l’avversione di sentimenti che nutre per l’attuale governo.

A causa della sua attività, già nel 1862 veniva accusata quale manutengola e dopo due anni, 8-4-1864, venne arrestata e rese, nella citata nota del Melchionda, la seguente dichiarazione: … sono contadina, priva di beni di fortuna…ho due figli procreati col primo consorte di nome Gaetano e Rosario Tranchella…Sento che la mia cattura derivasse per misure di polizia e ne ignoro la causa…

Condannata a domicilio coatto all’isola del Giglio più che altro come ostaggio e come esca del figlio, quivi incontrò altre brigantesse come Giovannella Mazzeo la donna di Giuseppe Sofia, Angela Iacullo quella di Vito Palumbo, Sofia Martuscelli distintasi come protettrice e informatrice di briganti e altre ancora. Nell’isola rimase fino a quando il figlio non venne abbattuto, 24-11-1864, nel bosco di Persano da un reparto del 46° Fanteria che sorprese il gruppo di briganti e, nonostante prima la strenua difesa che opposero ai militari e poi la fuga, sul terreno rimasero il capobanda Gaetano e due suoi sodali.

Alla morte del figlio, la donna venne posta in libertà ma non tornò a Serre, si inoltrò tra le montagne che ben conosceva verso quello che era stato il covo del figlio e quì trovò, non si sa se per caso o perchè ne era informata, la giovane donna Francesca Cerniello, contadina di Altavilla, diventata amante e braccio destro del figlio dandogli una bambina, Gaetana, ma, diventata la “regina” del bosco di Persano, alla sua resa fu condannata a 15 anni di lavori forzati e si dirà in seguito nel post sulla Cerniello.

Con nuora e nipote rientrò a Serre e allora Francesca volle spontaneamente arrendersi, grazie anche all’esercizio di convincimento del parroco di Castelcivita e le toccò pietà e comprensione da parte dei giudici, benevoli nel tenere nel dovuto conto che la donna si era data al malfare spinta alla miseria in cui versava e la premiarono con “soli” quindici anni di lavori forzati da scontare.

Sull’epilogo la testimonianza del Melchionda leggermente diverge: La stessa madre del capobanda era molto malata e le autorità, su richiesta di lei, decisero di scioglierla dal domicilio coatto sapendo che, morto il figlio, non avrebbe potuto destare preoccupazioni di sorta; anzi la sua presenza a Serre sarebbe stata di esempio per gli abitanti. Quivi giunta la Cannalonga, dopo aver sostato per qualche giorno, decise di lasciare il paese in cui era stata da molti temuta e malvista e se ne tornò ad Atena Lucana, sua terra natia.

Comunque sia, a tirare un forte sospiro di sollievo fu il Prefetto di Salerno che potette archiviare definitivamente il caso: 27 marzo 1865, essendosi rinvenuta la sunnominata Cannalonga, è cessato il bisogno di continuare le pratiche e anche sul sistema brigantaggio, con tutto quello che ancora significava.

Infatti si avviava all’esaurimento, tant’è che persino personaggi come le nostre due donne passarono a testimoniare contro briganti “colleghi” dei loro uomini, passarono a “collaborare” e, in certo senso, certificarono la fine di un’epoca. Luigia contro Rosario e Gennaro Passmandi, mentre Francesca, dopo cinque anni di carcere, rivelò nomi “eccellenti” che le valsero perlomeno una carcerazione più sopportabile ed una vecchiaia meno cadente quando tornò a casa.

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