Mahatma Gandhi, apostolo della non violenza
Rubrica: «Personaggi,avvenimenti e luoghi del nostro Sud» a cura di Vincenzo Ciorciari
Il maestro Ernestino aveva un vecchio televisore che diceva black and white, non perchè fosse in bianco e nero ma perchè quelle poche volte che vi si sedeva davanti si lasciava accompagnare da più di un sorso di Black and White, il whisky che preferiva e, anche quì, non per la peculiarità del distillato ma per i due cagnolini dell’etichetta, uno bianco e l’altro nero. Vai a capire un tipo originale che, per giunta, aveva studiato l’inglese a domicilio.
Originale in tutto, una sera guardando al presente riandava al tempo lontano ma con più insistenza andava al bicchiere vicino e, così, finalmente mi spiegò la sua profonda fede nel bicchiere: Con il digiuno ascolto la musica di Dio e danzo al suono di questa musica, qualcosa di simile a ciò che capitava a Gandhi e senza alcun disagio per l’irriverenza, se non forse sacrilegio, del’appropriazione abusiva di quelle parole sostituì “bicchiere” a “digiuno” e mi ricordò che un 30 gennaio ci lasciava il Mahatma.
Mi “addottorò” su quanto capitasse all’apostolo della non violenza nei suoi digiuni per nobili e trascendentali cause, quando egli stesso confessava: Con il digiuno posso vedere Dio faccia a faccia. Il digiuno è abbandono totale a Dio. Poi sottolineava come pure alla maggior parte dei nostri politici sia concesso il privilegio di poter posare la vista sulla faccia di Dio e, per farcela posare anche a noi, molto cristianamente si stanno impegnando da tempo a che il nostro digiuno aumenti senza soste nel tempo, fino a diventare totale e definitivo abbandono in Dio … del Quale però non riusciremo mai a vedere la faccia per come nostra sorella Morte ci coglierà malridotti.
Mohandas Karamchard Gandhi, il Mahatma (la Grande Anima), fu chiamato a contemplare definitivamente la faccia di Dio, ne meritò la visione grazie soprattutto alla sua satyagraha (fermezza nella verità), ago della bussola che ne orientò tutta l’esistenza e che meglio non riesce a spiegare se non un’altra sua citazione: Se pensi che tutto il mondo sia sbagliato ricordati che contiene esseri come te.
Come avrebbero il coraggio di commentarla quegli stessi nostri politici che quando tornano all’opposizione puntualmente si lamentano del tutto sbagliato nella loro Nazione? Sì, quelli che non conoscono digiuni da quando non era ancora nata l’Italia dei facili referendum, dei più facili voti di fiducia, delle facilissime immunità trasformate in impunità, dei super facili salti da un partito all’altro, delle ultra facili congreghe che hanno sempre saputo amministrare i digiuni … del popolo?
Il mondo era davvero tanto sbagliato ai suoi tempi ma il Mahatma volle cominciare a correggere se stesso, pur nato in famiglia facoltosa e di nobile casta da Karamchand Uttamchand Gandhi, primo ministro del principato di Kathawiar, e pur avendo studiato nelle università di Ahmedabad e di Londra laureandosi a 23 anni da avvocato a Londra dove visse comodamente, all’europea.
Volle essere un altro innanzitutto nella propria sfera privata già lottando spesso contro l’usanza induista dei matrimoni combinati tra famiglie, tenuto conto che a 12 anni “fu sposato” con la coetanea Kastürbā Gāndhi dalla quale ebbe quattro figli maschi ma la svolta “pubblica” prese origine dagli anni vissuti in Sudafrica, 1893-1914, quando sperimentò la drammatica realtà del Paese, specialmente della gente povera e di colore.
Il problema della discriminazione razziale divenne un suo problema, infatti nel 1914 intraprese il primo digiuno di vari giorni per espiare la colpa di una sua allieva nella Fattoria Tolstoj, ma quale la colpa, quale il danno provocato, quale la punizione temuta da spingere Gandhi al digiuno?
Ordinò a se stesso di pagare l’errore di una persona così debole da non poter scontare la pena che, però, essendo giusta si doveva pagare: il concetto della sacralità della legge doveva essere recepito anche da coloro che meno erano protetti dalla stessa legge e così assistiamo semplicemente all’inizio di innumerevoli lezioni della religione più pura e genuina offerta all’umanità da Gandhi.
Si serviva della Verità e serviva la Verità senza ricorrere a cerimoniali e a liturgie per etichettare quella religione.
Quando Stampa e Tv riportano violazioni di leggi da parte di persone che dovrebbero essere le più fedeli, scrupolose e rigorose osservatrici e custodi della Legge -lasciamo perdere la Morale che neanche sulle figurine Panini la troveremmo- visto mai qualche nostrano faraone politico, dal più prestigioso a quello che non voterebbe nemmeno la moglie ubriaca, pensare a uno sciopero della fame? Neppure si azzardano a fingerlo … né che sia per farsi incoraggiare a desistere … davanti alle telecamere per il resto della legislatura.
Fra partiti avversari o fra correnti di uno stesso partito si accusano delle colpe più gravi nel passato e nel presente, a Nord come a Sud, ma mai un Onorevole che oltre alle immancabili mini-onorevoli note di “viva e vibrante protesta” abbia accennato a qualche scioperino della fame … almeno riguardo a cornetto e cappuccino del lunedì mattina, né sotto tortura, specie tenuto conto che per loro alla buvette di “Mungitorio” costano così poco!
Non ci proveranno mai ipotetici nostri “gandhiani” (a Ernestino pare doveroso ricordare almeno Marco Pannella ma senza alcun commento), ci tengono a preservarsi vivi, vegeti e rieleggibili, fin quando però partiti ed onorevoli non arrivino alla loro senescenza -non biologica ma di obiettiva utilità- e allora come vecchi, decrepiti e cadenti elefanti si dirigeranno verso il loro cimitero. Elefanti accecati dall’onnipotenza stracciona diventeranno carcasse senza speranza di resurrezione di un potere parimenti cialtrone che lungo decenni non ha voluto mai fare un solo digiuno … nell’abbuffata immeritata e invereconda all’itala mensa.
Quante carcasse disseminate si conteranno a causa di quell’estinzione che si profilava da tempo!
Su questa prospettiva uno stuolo di saggisti, saggi in tutte le saggezze, non soddisferebbe più del maestro Ernestino, che così insiste a proposito di politici primi a violare le leggi che essi partoriscono per organizzare e controllare la comunità: Affideresti le chiavi della Cassaforte della Banca d’Italia alla Banda Bassotti, incaricheresti Dracula a gestire le donazioni di sangue all’AVIS, promuoveresti Nerone a Capo del Corpo dei VV.FF? Chiaro che no e nemmeno un Diogene con la sua magica lanterna avrebbe tanta pazienza da cercare fra loro la citata satyagraha.
In fondo cosa sarebbe questa satyagraha? Diciamo il sinonimo della non-violenza come pressione sul governo britannico, ma non passiva anzi accompagnata da una serie di episodi, atti e manifestazioni concrete di non-collaborazione, a cominciare dal boicottaggio dei tribunali e delle scuole statali e dal rifiuto di ricoprire cariche civili o militari fino a diffondere, a far penetrare nell’opinione pubblica e a far assimilare il concetto dello Swadeshi ossia l’indipendenza economica che avrebbe liberato e protetto la gente debole e necessitata, il popolo, dalle pesanti catene dello sfruttamento, ultima e imprescindibile battaglia da vincere per giungere alla indipendenza nazionale e meritarsela.
Il cammino non fu facile nemmeno per l’invincibile tempra non violenta del Mahatma che, tornato in India appena iniziata la I Guerra Mondiale, si diede subito da fare a programmare scioperi e pure subito conobbe il carcere il cui ingresso continuò a varcare per ben altre tre volte nel periodo 1932-1933 e l’ultima nel 1942 ma dopo due anni uscì e prese parte ai negoziati che finalmente portarono, 15.8.1947, all’indipendenza dell’India.
L’ultimo digiuno di preghiera durato 5 giorni nel gennaio 1948 era il suo contributo al tentativo di fermare ulteriori sanguinosi scontri fra indù e musulmani in seguito alla divisione, dopo appena due giorni dalla raggiunta Indipendenza, del subcontinente indiano in Unione dell’India, poi Repubblica dell’India, e Sovranità del Pakistan, poi Repubblica Islamica del Pakistan
L’Apostolo della non violenza -il maestro Ernestino continua a rivolgersi a me- raggiunse la sua satyagraha facendo violenza solo a se stesso per la “testardaggine” a digiunare e, pure arrivati all’indipendenza soprattutto grazie alla sua opera, fu assassinato dal fanatico estremista indù Nathuran Godse.
Morì invocando Dio.
Invocava per se stesso ma ancora più per eserciti di balordi e ubriachi, di violenti e criminali che si impegnano a distruggere questo mondo e fu ascoltato perchè, anche quando non ce ne accorgiamo, vi sono tanti piccoli Gandhi che propagano e difendono la “fermezza nella verità” che quegli eserciti deridono, violano e calpestano ma, chiosa il maestro Ernestino, non vi riusciranno. Nè una mia parola azzardo aggiungere alle sue perchè non posso fare violenza neppure alla sua saggezza e specialmente nel riflettere che quel giorno Gandhi contemplò la faccia di Dio.