Il 3 febbraio del 1963, sessanta anni fa, il Parlamento italiano approvò la legge Gonnella
«Informazione Giuridico e Culturale» a cura di Pietro Cusati detto Pierino, giornalista, Consigliere – Segretario dell’Associazione Giornalisti del Vallo di Diano (SA)
Il 3 febbraio del 1963, sessanta anni fa, il Parlamento italiano approvò la legge Gonnella, istitutiva dell’Ordine dei giornalisti, un traguardo importante , il diritto di essere informati e il “Il dovere della verità.”
Il 3 febbraio 2023 ,la legge Gonnella , istitutiva dell’Ordine dei giornalisti, ha compiuto 60 anni, un traguardo importante per i cittadini e i giornalisti, il diritto di essere informati e il “Il dovere della verità”.La giornata di studio dell’anniversario si è svolta a Roma, presso la Biblioteca nazionale centrale, in cui lavori sono stati introdotti dal Presidente del Consiglio nazionale dei giornalisti Carlo Bartoli e sono intervenuti , tra gli altri, il ministro della Giustizia, On. Carlo Nordio ed il costituzionalista Prof. Giovanni Maria Flick. ‘’Dopo sessant’anni ha detto il Presidente Carlo Bartoli ,l’Ordine dei giornalisti svolge ancora un ruolo fondamentale a tutela dell’informazione professionale in grado di affrontare le sfide del futuro e di offrire un servizio ai cittadini e alla democrazia, avendo come stella polare i principi della nostra Carta Costituzionale e l’articolo 21 che sancisce il diritto e la libertà di informare e di essere informati. Viviamo oggi in un ecosistema digitale che non modifica solo le modalità e i meccanismi del lavoro giornalistico, ma la dimensione stessa delle nostre vite, delle nostre abitudini, dei nostri percorsi di conoscenza e di informazione. L’onorevole Guido Gonella, ispiratore della legge, per primo sentì la necessità di istituire l’Ordine dei giornalisti a garanzia dei professionisti dell’informazione, ma soprattutto dei cittadini, ai quali deve essere assicurato il diritto di essere informati. Questo hanno fatto i padri del giornalismo italiano, Indro Montanelli, Enzo Biagi, Oriana Fallaci, Sergio Lepri, Gianni Brera, Sergio Zavoli e molti altri. I giornalisti italiani hanno offerto un pesante tributo di sangue,trentuno hanno pagato con la vita il loro impegno per raccontare verità scomode, uccisi dalle mafie, dal terrorismo o nei teatri di guerra.Cosimo Cristina, Mauro de Mauro, Giovanni Spampinato, Giuseppe Impastato, Mario Francese, Giuseppe Fava, Mauro Rostagno, Giuseppe Alfano, Mino Pecorelli, Giancarlo Siani, Carlo Casalegno, Walter Tobagi, Graziella De Palo, Italo Toni, Almerigo Grilz, Guido Puletti, Marco Luchetta, Alessandro Ota, Dario D’Angelo, Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Marcello Palmisano, Gabriel Gruener, Antonio Russo, Maria Grazia Cutuli, Raffaele Ciriello, Enzo Baldoni, Fabio Polenghi, Vittorio Arrigoni, Andrea Rocchelli e Simone Camilli. L’Italia detiene un triste primato in Europa, sono ventidue i giornalisti che per poter lavorare sono costretti a vivere sotto scorta. Il giornalismo deve ritrovare la dimensione etica del proprio lavoro, quell’orizzonte di valori fondanti basati sulla nostra Costituzione. Per fare questo, però, è indispensabile garantire l’accesso alle fonti, a cominciare da quelle giudiziarie, estendere a tutti gli iscritti all’Albo la norma sul “segreto professionale”, senza il quale i giornalisti verrebbero privati di fonti importanti e i cittadini finirebbero per essere imbavagliati. E’ urgente una norma che scoraggi le azioni giudiziarie temerarie, le cosiddette querele bavaglio. La presunzione di innocenza è un principio sacrosanto, ma non può diventare un alibi per tacere di fatti di grande rilevanza pubblica.«Il bene dell’informazione gode di esplicita tutela costituzionale. L’art. 21 della Carta, nell’affermare che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” – e questo riguarda ogni cittadino – sottolinea il valore della stampa come mezzo, indicando che “non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. L’informazione è un veicolo di libertà e non è un caso che la stessa Assemblea costituente volle approvare una legge in materia di disposizioni sulla stampa, che tracciava, dopo vent’anni di bavaglio, un percorso di ritorno all’indipendenza per i media’’,così inizia il messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dei 60 anni dell’Ordine dei Giornalisti, che ha inviato al Presidente Nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli. “E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti”. In sostanza all’ ordine dei giornalisti è stata demandata, come per ogni altro ordine professionale, la funzione di difesa della deontologia. La stampa libera è uno dei fondamenti della democrazia liberale e della cultura”. Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, nell’intervento al convegno del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti , in occasione del 60° anniversario dall’entrata in vigore della legge istitutiva dell’ordine, il 3 febbraio 1963. Il Guardasigilli si è rivolto ai giornalisti chiamandoli “colleghi” e ha ricordato la sua esperienza di editorialista al Gazzettino di Venezia, al Tempo e al Messaggero, richiamando diversi “maestri”, come Augusto Guerriero e Panfilo Gentile. “Non mi sono iscritto all’ordine, ma ho raggiunto la soglia dei due mila articoli. Spiritualmente mi sono sentito metà magistrato e metà vostro collega”,Un riferimento in particolare Nordio lo ha rivolto all’importanza del pluralismo dei media e delle fonti di informazione. Per il ministro, infatti, la libertà di stampa consiste nel fatto che “che ci siano molti giornali, di idee e impostazioni diverse”, che consentano al cittadino di scegliere e confrontare le proprie opinioni con quelle di altri. Il Guardasigilli ha ringraziato i giornalisti : “per il nobile e indispensabile lavoro” svolto.