L’8 marzo non è solo una festa…
Redazione
Viene definita la “Festa della donna” per facilità di comunicazione e scopi commerciali, ma non è corretto. Sarebbe giusto chiamarla «Giornata internazionale dei diritti della donna» , cosi come fu celebrata negli Stati Uniti d’America a partire dal 1909.
Una ricorrenza nata dalla lotta per la conquista dei diritti fondamentali negati alla donna, tra cui: l’uguaglianza di genere, le libertà legate alla riproduzione e alla salute riproduttiva, la tutela contro la violenza e gli abusi.
È associata alla morte di centinaia di operaie (per la maggior parte immigrate italiane) nel rogo di una fabbrica avvenuto a New York nel 1908. Altri vorrebbero riferirsi a un altro incendio verificatosi a Triangle nel 1911: ancora una tragedia con più di cento donne morte, causata sempre da un incendio divampato in una fabbrica.
In Italia, la Giornata internazionale delle donne fu celebrata, per la prima volta, il 12 marzo 1922, per iniziativa del Partito Comunista.
Il 16 dicembre 1977 – con la Risoluzione 32/142 – l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite propose a ogni Stato di dichiarare un giorno dell’anno “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la Pace intenzionale”.
Riconoscendo il grande ruolo svolto dalle donne nella tutela della pace e per porre fine a ogni discriminazione.
In molte nazioni fu scelto l’8 marzo come data ufficiale.
Non solo una festa, dunque, ma soprattutto una giornata di riflessione affinché in ogni angolo del Mondo si possa raggiungere una effettiva parità di genere.
In questa giornata così importante è giusto porre al centro dell’attenzione la donna per tenere accesi i riflettori sui tanti problemi che vivono le donne in questa società.
Ci piace, perciò, rivolgere il pensiero alle donne costrette a subire le brutture delle guerre, alle mamme vestite di nero (come le nostre nonne che hanno portato il lutto per oltre mezzo secolo), alle donne oggetto di abusi e violenze sui luoghi di lavoro e dentro le proprie case. Rivolgiamo il pensiero e apriamo il nostro cuore (non solo nei momenti che seguono le tragedie) a quelle povere e disgraziate mamme perite nell’ultima tragedia del mare.
Pensiamo a loro, ai loro morti, alle loro piccole creature innocenti.
Avevano affrontato il mare per fuggire a guerre e dittature volute da bruti senza cuore.
Hanno trovato la morte per colpa di altri ‘esseri’ che è difficile definirli umani.
Speculare sulla vita di gente che cerca un futuro migliore è crimine che non trova giusta condanna.
L’augurio più bello e sincero è che gli uomini (soprattutto i potenti) ritrovino il senno e l’amore per propri fratelli, senza distinzione di razza, genere, religione, e che si ponga fine a ogni discriminazione, facendo spazzare dal vento veli e diversità.
Viva le Donne, Viva le Libertà.