Cilento, Identità, Genius Loci: riflessioni
Editoriale di Francesco Sampogna
Oggi per parlare di Cilento, dell’identità cilentana e del Genius Loci, necessita prima fare un approfondita ricerca storica sulle radici del popolo cilentano e non solo. Sui mali che lo hanno afflitto e lo affliggono ancora e per poi analizzare le profonde contraddizioni che negli anni hanno portato il Cilento ad un impoverimento demografico, con un continuo spopolamento, prima verso le zone costiere e i grossi centri ed ahimè al rinnovarsi della piaga dell’emigrazione. Contraddizioni che ancora oggi continuano a farla da padrona.
Parlare di Cilento, non è più parlare di una piccola area territoriale circoscritta al Monte Stella, come era identificato una volta. Oggi parlare del Cilento vuol dire, osservare ed individuare un area geografica vasta, che ha visto un sovrapporsi di culture, tradizioni e storia, con varie dominazioni e invasioni.
Un territorio dove si alternano habitat naturali diversi, culture e tradizioni simili ma diverse, riti e folklore diversi da un posto all’altro.
Un Cilento che, oggi si estende per chilometri. Che spazia dalla piana di Capaccio/Paestum per raggiungere l’estremo lembo della provincia di Salerno, Sapri. Per poi arrampicarsi su per le colline del Bussento e raggiungere la piana del Tanagro, con il Vallo di Diano, sfiorando i confini del Pollino lucano, salendo verso gli Alburni.
Un territorio che va dal mare ai monti, racchiudendo al suo interno la maestosità del Cervati e la bellezza del monte Bulgheria, con le varie aree collinari che scendono verso la piana del Sele. Un territorio che racchiude una flora ed una fauna variegata, che segue la tipologia del territorio e le diversità di clima che lo caratterizza. Si va dalla spiaggia sabbiosa, alla costa con le magnifiche scogliere ricche di grotte, poi verso l’interno con fenomeni carsici ineguagliabili, corsi d’acqua e cascate di rara bellezza. Vaste aree collinari dove la fanno da padrona le piante di olivi secolari, simbolo di questo territorio, per raggiungere i boschi del Cervati e la sua vetta innevata.
Un territorio ricco di storia, di tradizione, di personaggi che hanno dato lustro al popolo cilentano. Una cultura enogastronomica unica, che ci ha portato ad essere gli ambasciatori nel mondo della Dieta Mediterranea, oltre ad esserne la patria.
Ma, un territorio pieno di tante contraddizioni, dove la storia del nostro glorioso passato, delle nostre tradizioni secolari non è riuscita a creare e darci il giusto ruolo, la giusta identità.
Dove oggi ancora viviamo la piaga dell’emigrazione, che sta affliggendo le nostre giovani generazioni. Ripercorrendo la vecchia strada dei nostri antenati. Oggi rispetto a ieri, vi è una grossa differenza, chi partiva ieri aveva un duplice sogno, andare, fare fortuna, poi ritornare al proprio paesello e vivere con i propri affetti. Oggi nell’era del digitale, della globalizzazione totale, i nostri giovani emigranti, partono con una quasi nulla volontà del ritorno. Come quasi nulla è la volontà di non voler andare via, la non partenza.
Ecco perché è difficile parlare di Cilento. Cilento terra bella ma molto amara, dove c’è tutto, ma manca tutto. Dove ancora vige la differenza di “ceto”. Dove ancora la gente ha timore di chiedere per ottenere i propri diritti. Dove la “politica” o quel che rimane della parola politica, ancora la fa da padrona, creando aree di serie A e aree di serie B.
Una politica dello stato, che vive di burocrazia. Un territorio dove, mentre per raggiungere l’altro capo del mondo si ci impiega pochi secondi con un sms, per prenotare una visita medica si impiegano ore di attese al telefono. Il Cilento è un territorio di cui si ci ricorda o in occasione di una vicenda luttuosa o drammatica, oppure durante le canoniche scadenze quinquennali.
Il Cilento necessita di iniziative, che si risolvono in creazione di posti di lavoro, infrastrutture e servizi, non nella forma di assistenzialismo, come sempre voluto nel passato e spesso ancora oggi.
Necessita di lavoro, delle infrastrutture che creino economia e mentalità imprenditoriale, con progettualità e sviluppo per valorizzare le risorse umane e il territorio.
Un nuovo sistema di approccio verso le nuove generazioni, che li avvicinino al mondo della politica, della gestione della cosa pubblica. Basta progetti megagalattici ed irrealizzabili. Vanno individuate le caratteristiche e le vocazioni del territorio, individuandone le peculiarità e sviluppare progetti diretti e finalizati, accompagnandoli verso la realizzazione, e sostenendone la continuità, come una madre cresce i suoi figli.
Principalmente, vanno valorizzate le risorse culturale, paesaggistiche e naturali, per poter cominciare ad evitare lo spopolamento, coinvolgendo l’intero stato sociale che vive il territorio.
Il Cilento è ricco di potenzialità nascoste e racchiuse che vanno ricercate nelle nostre radici, nella nostra storia e nella nostra cultura.
Il nostro compito, quello che ci siamo posti con il progetto di La Voce del Meridione è quello di dare Voce al territorio e alla gente per far risvegliare in ognuno di noi la propria identità di cittadino del nostro amato Sud, arrivare a non dover avere più timore di chiedere ciò che è un diritto di un qualsiasi cittadino. Nel rispetto delle Libertà, della Legalità e della solidarietà.