24 Novembre 2024

Rubrica “Il Taccuino di Baudelaire” di Giovanni Farzati

Indiretto di Fontana
Campania, lo psicologo di base che garantisce alle fasce più deboli, in particolare bambini ed anziani, il supporto psicologico nei momenti di difficoltà.
    Sarà questo il tema del convegno che si terrà Venerdì a Caserta presso la Biblioteca Diocesana di Via del Redentore, dal titolo “la psicologia e le fragilità:  Ansa

E la bretella si?no?ma! sul progetto della strada Eboli- Agropoli, la politica si divide, il presidente della Provincia la vuole, ma serve realmente? Dibattito aperto, intanto il centro Destra dice di no: i cittadini vorrebbero sapere se serve o non serve? Poi bisogna completare l’Aversana e la strada del Parco.

Qui devi mantenere il più assoluto silenzio

Una vita intera a dipingere bottiglie
e qualche vaso di fiori, un paesaggio e poi ancora bottiglie, bottiglie e qualche vaso di fiori, bottiglie…
A chi gli chiedeva il perché di quella scelta estrema, lui rispondeva “Vede, se mi fosse concesso di ritornare al mondo, di vivere una seconda vita, credo che non potrei esaurire questo tema.”
Guardo quelle bottiglie dipinte e rivedo Giotto, Masaccio, Piero della Francesca, Bellini, Chardin, Tiziano, Chardin, Corot, Renoir, e soprattutto Cézanne. L’amatissimo Cézanne.
Viveva e lavorava in una camera di media grandezza, una finestra che dava sul piccolo cortile ricoperto di verde. Una brandina. Un vecchio scrittoio. Il tavolo da disegno. Il cavalletto. E tutt’intorno delle semplici cose che noi tutti conosciamo attraverso le sue nature morte.
Mai preso un aereo.
Viaggi? Al massimo, da Bologna raggiungeva gli Appennini.

…Giorgio Morandi, Palazzo Reale, Milano (fino al 4 febbraio. A cura di Maria Cristina Bandera): centoventi opere che messe insieme fanno un’elegia
Sembra di leggere Rilke.
Sembra di entrare in un convento benedettino alle quattro del mattino.
Sembra, quando esci dalla mostra, che il mondo giri a rilento. Che le guerre non esistono.
“Perfezione, bellezza. Che significa?” scriveva Cristina Campo, probabilmente la più grande scrittrice italiana del Novecento, “Tra le definizioni, una è possibile. È un carattere aristocratico, anzi è in sé la suprema aristocrazia. Della natura, della specie, dell’idea. Anche nella natura essa è cultura. Il portamento eretto, delicato della ragazza della Costa d’Oro è l’opera di secoli di nuoto, orci d’argilla equilibrati sul capo, danze e canti d’iniziazione più complicati del gregoriano più puro. Mancasse uno solo dei tre elementi: pietà, libero giuoco, arti femminili, la perfezione non fascerebbe quelle membra del suo velo casto ed imperioso”.
Fosse mancato un dei tre elementi -forma, colore, luce- la composizione, per Giorgio Morandi, non sarebbe stata perfetta.
(Carlo Vanoni)

Pellare, un sogno da sveglio, per un bambino.
Non nego che vorrei ricreare il tutto, almeno per qualche ora.

I miei genitori, mi affidavano a mia nonna, ai miei zii ed ai miei cugini, e tutti facevano a gara nell’esaudire ogni mio desiderio, ogni mia richiesta.

Il borgo del vino; Pellare di Moio- Oggi, per molti ragazzi, questo paese è, solamente, il teatro di Rewine, il borgo del vino.

Per i meno giovani, è il paese di S. Bartolomeo.
Per me, era una sorta di parco giochi, già molti anni fa.
Gli educatori del nostro tempo, direbbero: “Ti viziavano”.
Si, mi viziavano, ed era fantastico. Mi sentivo nel paese della cuccagna o dei balocchi, se preferite, senza Lucignolo, senza le orecchie d’asino e senza limiti temporali.

Mi preparavano da mangiare solo quello che mi piaceva, nessuno mi diceva quanto fa bene la verdura, mio zio Mario mi portava a mare senza storie, i miei cugini mi trattavano come se fossi stato di porcellana, mia nonna, presenziava le operazioni.

Correndo nei vicoli, ricordo l’inconfondibile e penetrante profumo delle botti alcune delle quali mi apparivano gigantesche, non so, se per le loro reali dimensioni, o perché fossi io, un lillipuziano.

“Vino e percoche” mi affascinava, ma era catalogato tra gli alimenti proibiti, sebbene, nonna, non disdegnasse di farmelo assaggiare.
Da “grande” scoprii quanto fosse buono “vino e percoche”, ma scoprii, anche, come mi ubriaco facilmente, tradendo le mio origini moiesi e pellaresi.
Nei “vottari” tra risate e “cunti”, scorrevano, letteralmente, fiumi di vino, accompagnati da pezzetti di provolone piccante e “muorsi” di pane casereccio.

Non ero un bimbo tranquillo, anzi.
Scappai perfino dall’asilo, gettando nel panico le suore, che tutti videro correre, quel giorno, come giamaicani lungo le vie del centro storico.

Mia nonna Carmela, a loro uso e consumo, mi rimproverò, per dirmi, subito dopo: “E’ fatto buono, bello re nonna, no le pensà a le capo re pezza”.
Quando smarrivo un giocattolo, nonna, me lo ricomprava, sussurrandomi: “Dici, che l’hai ritrovato!”.
Mina ed Anna, mi facevano scegliere qualsiasi tipo di gelato o patatine.
A pranzo, merenda e cena, solo piatti che mi piacevano.

Gli unici due “incubi” alimentari, erano rappresentati dall’immancabile uovo fresco con lo zucchero (terribile al solo ricordo) ed il “naspro” sulle torte, allietato da quegli odiosi corallini di zucchero multicolori.

Tradizione dura a scomparire, considerato che anche oggi a Pellare e Moio, i Pan di Spagna vengono guarniti allo stesso modo. Credo che la ditta che li produce sia sopravvissuta all’evoluzione del mercato, proprio grazie ai dolci preparati a Pellare.
Di contro, adoravo ed adoro, i biscotti al miele (il tipo con le mandorle), altra leccornia tipica del borgo. Nella stessa misura, mai capito, l’amore di mia madre e di tanti moiesi e pellaresi, per un’altra specialità dolciaria: “lo rafaiuolo” (uno spezzadenti ricoperto di zucchero).

Si capisce perché non ero contento quando ripiombavo sotto la rigida giurisdizione di mia madre.

Quando posso, tornò con piacere, nel mio paese della cuccugna, per assaporare l’atmosfera della mia infanzia, le emozioni, ascoltare i pronomi “chiddo e chedda” riecheggiare nell’aria, le mie cugine chiamarmi “guagliò” e soprattutto per sentire mia zia Lina, accogliermi come il tempo si fosse fermato:

“Ue nì, come stai? Che te vuò mangià, bello re zia?… Pigliate la frutta, lo casocavallo…..fra poco mangiamo…te veo sciupato!”…  “T’è fatto male la machina?”… per poi ricordarsi che adesso l’auto, sono io a guidarla.
(Massimo Sica)

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