L’autoschiavitù dell’uomo contemporaneo
di Giovanni Lovisi
Nonostante gli innegabili vantaggi delle tecnologie dell’informazione nel mondo contemporaneo, cambiamenti significativi nel comportamento degli internauti vengono evidenziati come conseguenze dell’uso continuo di queste tecnologie.
Le connessioni veloci, superficiali ed effimere su Internet, infatti, perpetuano il distanziamento sociale, l’isolamento e la mancanza di empatia tra gli internauti, caratteristiche che da tempo prevalgono nell’uomo moderno. Le relazioni virtuali non sono finalizzate allo scambio di esperienze reali tra gli internauti, ma piuttosto all’intenzione individualistica ed egoistica di risolvere questioni di proprio interesse. Credo che chi usa molto internet non abbia più il tempo e il coraggio di convivere con gli altri , e che preferisca la superficialità e la fluidità delle relazioni contemporanee su Internet. Nel telelavoro, ad esempio, gli utenti di Internet si collegano sempre più con un maggior numero di persone provenienti da tutto il mondo, ma rimangono soli.
Come colmare il vuoto esistenziale derivante dall’uso sempre più frequente delle tecnologie, che portano all’isolamento e alla mancanza di connessione con gli altri individui? È possibile umanizzare le relazioni sociali attraverso la tecnologia, come nel telelavoro?
Ritengo che lo sfruttamento dell’individuo sia la massimizzazione della produzione capitalistica. Meno tempo una persona ha per gli altri e per se stessa, più tempo avrà a disposizione per lavorare e, di conseguenza, maggiori performance e profitti per la propria azienda. In effetti, tutto il tuo tempo è limitato al lavoro solitario al computer. Non c’è più tempo per vivere con se stessi o con gli altri.
Dunque, il tempo rimanente viene consumato da informazioni e connessioni inutili su Internet. L’espansione della coscienza, che deriverebbe dalle interazioni umane, si perde nelle informazioni consumate ed eliminate quotidianamente. Per alleviare la solitudine, gli internauti preferiscono un semplice tocco della tastiera per consumare desideri fugaci e mutevoli, che annullano ogni prospettiva di pianificazione per il futuro. Insomma, il soggetto diventa schiavo di se stesso.
Il testo si basa su alcuni autori come Zygmunt Bauman, Byung-Chull Han, Franco Berardi, François Dubet, Grégorie Chamayou, ecc.
Ringrazio la Professoressa Cristiana Gotsis dell’Istituto Italiano di Cultura di Rio de Janeiro per la revisione del testo