8 Settembre 2024

Il Ricordo: “Festa, politico galantuomo”

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di PASQUALE SCALDAFERRI

Neppure la persecuzione giudiziaria, l’onta di un arresto clamoroso, l’errore marchiano e frutto di un teorema costruito a tavolino, risultato infondato per l’assunto accusatorio e con elementi probatori insussistenti, lo avevano piegato.
Anzi, quella tragedia umana e famigliare che lo colpì come un ciclone nei primi giorni di gennaio 2009 e cessata soltanto nel 2017 con la piena assoluzione, aveva creato in lui sì una naturale e profonda frustrazione, ma non aveva scalfito la tempra di uomo risoluto e onesto amministratore.
Cesare Festa era una persona perbene, “d’altri tempi”, nell’accezione più edificante del termine. E nel mio percorso professionale, soprattutto nel campo gelatinoso e avvelenato della politica, raramente ho avuto la ventura di incontrare una persona come lui dal notevole corredo umano, morale e culturale.
Uomo pudìco e incline al confronto, Cesare Festa era stimato anche dagli avversari politici.
Sia nelle vesti di consigliere comunale d’opposizione a Salerno che in qualità di sindaco di Pisciotta, seppe guardare al di là delle naturali differenze tra gli schieramenti.
Le infamanti accuse ne frenarono la carriera politica, edificata sullo studio, il dialogo, l’impegno sociale e l’insopprimibile desiderio di condurre il Cilento sempre nel cuore del proscenio provinciale e regionale.
L’odissea giudiziaria lo fece diventare ancora più schivo e quando, qualche anno fa, in modo fortuito ci incontrammo alla stazione di Salerno -lui in attesa del regionale per Pisciotta, io per proseguire il viaggio in direzione opposta verso Napoli, per raggiungere il luogo di lavoro- tra noi ci fu un abbraccio “silenzioso”, un saluto forte e sentito in ossequio ad un’antica e solida stima, trasformata nel tempo in leale amicizia.
Dopo alcuni anni, proprio nel periodo natalizio, gli telefonai per formulargli l’augurio di buone feste (giocando anche un po’ con il suo cognome) e con riservatezza gli chiesi un numero di telefono con whatsapp, per scambiarci gli articoli che scrivevo e le sue attente riflessioni sulla politica. Ma, con la consueta sobrietà e discrezione, mi confidò di non avere molta dimestichezza con i social e già il normale cellulare era per lui una conquista.
In quell’istante capii che ormai si era totalmente immerso, giustamente, nell’amore imperituro della sua adorata famiglia, unita e decisa nel supportarlo e incoraggiarlo, quando quattordici anni fa -come scrisse in un manifesto fatto affiggere a Salerno e Pisciotta, in cui sintetizzava l’obbrobrio dell’inchiesta condotta dai giudici di Vallo della Lucania- “un vero e proprio complotto di macelleria giudiziaria perpetrata ai miei danni” interruppe il percorso di amministratore pubblico, ma non spense il vigore e la perseverante volontà di tagliare il traguardo della verità.
Il risarcimento di 51mila euro per ingiusta detenzione non avrà mai risarcito il dolore patito dal galantuomo Cesare Festa, probo amministratore e politico rigoroso, che gli ingranaggi inceppati di una macchina vetusta e letale hanno stritolato, ma al quale Giustizia e Verità, seppure con sanguinoso ritardo, hanno restituito una Dignità immortale. Che ora godrà della luce nel tempio dei Giusti.

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