18 Settembre 2024

di Pasquale Martucci

L’attuale Inventario del Patrimonio Immateriale della Campania (IPIC) riconosce la tradizione zampognara di Montesano sulla Marcellana, iscritta nella sezione “Espressioni”, perché ritenuto un bene rappresentativo da conservare e condividere.

Nella tradizione musicale della provincia di Salerno, la zampogna è ancora largamente utilizzata nel Cilento, nel Vallo di Diano, nell’Alta Valle del Sele e nelle zone montane della Costa d’Amalfi. La zampogna, che significa sinfonia (insieme di suoni), è uno strumento ancestrale che esprime la musicalità delle comunità pastorali e contadine e documenta, nell’accompagnare riti e solennità liturgici e ordinari del ciclo dell’anno, un aspetto specifico dell’attività umana.

É lo strumento più antico della tradizione italiana, ritenuto legato alla trasformazione del flauto del dio Pan; in latino si chiamava “utriculus”. Ebbe origine probabilmente in epoca romana: già l’Imperatore Nerone viene menzionato quale suonatore di uno strumento formato da sole due canne melodiche inserite in un otre di pelle di capra. Dal medioevo all’età moderna si diversificò in varie tipologie territoriali: una con canne di melodia di diversa lunghezza ed un’altra con canne di uguale lunghezza collegate ad un otre di pelle. La zampogna è un aerofono a sacco dotato di 4-5 canne che vengono inserite in un ceppo dove viene legato l’otre, la sacca di accumulo dell’aria, realizzata con pelle di capra o di pecora. L’aria mette in vibrazione le ance innestate sulle due canne melodiche, quella destra per la melodia, quella sinistra per l’accompagnamento, e sui bordoni detti basso e scantillo. Lo strumento viene generalmente protetto dal malocchio con vari amuleti: nastri, fiocchi rossi e cornetti.

La tradizione zampognara è legata al periodo natalizio: a partire dall’Immacolata, e poi dal 15 dicembre alla novena alla vigilia del Natale. Ogni giorno e per nove giorni, gli zampognari in genere a coppia, si recano nelle case per riprodurre i suoni antichi di un repertorio costituito da tarantelle, pastorali ed accompagnamento al canto. Gli zampognari entrano in genere a coppia nelle case e suonano secondo un calendario stabilito.

A Montesano sulla Marcellana dove sono custoditi strumenti musicali di grande pregio nel Museo Etnoantropologico, riconosciuto come museo d’interesse regionale (D.G.R.  n. 579 del 29.10.2011), quando si parla di suonë ci si riferisce a zampogne e ciaramelle associate a vari momenti di vita comunitaria: pellegrinaggi, processioni, feste di piazza, ma anche matrimoni e momenti conviviali che conducono al ballo, al canto, alla socialità. Zampogne e ciaramelle sono utilizzate in questo paese fin dall’inizio del novecento e la loro tradizione trasmessa oralmente di generazione in generazione: esistono a Montesano riscontri documentari audiovisivi a partire dagli anni cinquanta, ma soprattutto negli anni settanta del novecento. Ad ogni modo, la tradizione ancora persiste: va considerata e valorizzata, in quanto sinonimo di ritrovo e aggregazione sociale, ma anche espressione di un mondo antico che ancora dialoga con le generazioni che si susseguono. In tempi recenti, gli studi sulla zampogna si stanno configurando come indagini di etnomusicologia in grado di porsi in relazione con il tessuto sociale di provenienza, evidenziando le tracce più autentiche di rituali sociali e religiosi.

Nell’attuale tradizione musicale, la zampogna è uno strumento che ha suscitato l’interesse di gruppi ed associazioni, volti a recuperare quei suoni dai maestri viventi con la finalità di insegnare a suonare e trasmettere quest’arte ai giovani che vogliono scoprire e custodire la musica popolare della terra cilentana.

Questo strumento musicale popolare è diffuso in tutto il Centro-sud Italia; il termine in alcune aree designa la zampogna perché sembra che essa sia nata dall’accostamento di due ciaramelle alle quali è stata aggiunta una riserva d’aria tramite un otre. Raramente la ciaramella, strumento musicale popolare aerofono della famiglia degli oboi con ancia doppia, è suonata come strumento solista; in genere si suona assieme alla zampogna. Si usa anche l’accostamento alla zampogna di due ciaramelle, suonate o da una coppia di suonatori o contemporaneamente dallo stesso suonatore (ciaramella doppia). La doppia ancia, assai lunga, viene tenuta fra le labbra; il foro del fuso è conico e la campana terminale è ampiamente svasata. Lo strumento si differenzia dalla cornamusa, che possiede una sola canna del canto o chanter; è dotata di due chanter ad ancia doppia o singola, generalmente realizzati in canna, per cui si presume che il termine riconduca al latino “calamus” (canna).

Dunque, quella delle zampogne è una tradizione che va conservata, valorizzata e riproposta, anche grazie ad iniziative che ne comunichino e pubblicizzino la rilevanza.

I suonë di Montesano sulla Marcellana sono riconosciuti, per la maestria dei suonatori e per il repertorio prodotto, nell’Inventario del Patrimonio Immateriale Campano (IPIC), inseriti nella sezione: Espressioni, ovvero tradizioni orali, musiche tradizionali e mezzi espressivi, compresi linguaggi e manifestazioni artistiche che caratterizzano l’identità di un luogo.

C’è da dire che un bene immateriale per rientrare nell’Inventario deve essere: trasmesso di generazione in generazione; riproposto e costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in stretta correlazione con l’ambiente circostante e con la sua storia; accettato per permettere alla comunità di attestare intorno al suo bene il senso di appartenenza sociale e culturale; caratterizzato da azioni creative che promuovano il rispetto per le diversità culturali; promosso con il coinvolgimento di giovani e donne; diffuso nel rispetto dei diritti umani e della sostenibilità dello sviluppo di ciascun paese.

L’intento dell’IPIC è proprio volto alla valorizzazione e salvaguardia degli elementi culturali della storia del territorio, riscoprendo la tradizione di un patrimonio intangibile che rispecchia l’identità di una comunità. Per questo motivo è necessario un processo di riflessione sul proprio passato, che racchiude la vita delle generazioni che ci hanno preceduto.

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