21 Novembre 2024

di Pasquale Martucci

Se la Treccani individua il femminicidio quale parola dell’anno 2023, osservando ciò che accade e proiettandolo nel futuro, i termini che potrebbero rappresentare l’anno 2024 non lasciano spazio a qualcosa di meno cruento e violento.

Per cercare una speranza, forse attenuare opposizioni e contrasti, divisioni e disgregazioni, e offrire il superamento dei limiti di uomini che sono causa dei loro stessi mali, intendo occuparmi di un termine che si incontra da anni, anche se non è tangibile, eppure esiste e fa parte della nostra storia e cultura.

Si tratta della parola: immateriale, che va oltre e supera la capacità di cogliere il contingente, ciò che è in superficie, proiettandoci in una dimensione da scoprire, ricercare, costruire, o ancora meglio co-costruire, attraverso un fare in comune, nella comunità che si organizza per permetterci di vivere.

Ogni essere umano infatti ha voluto/dovuto condividere qualcosa di non materiale, per spiegare molte cose inspiegabili, per trovare risposte ai misteri della sua stessa mente e della sua esistenza in una natura che ha cercato di dominare e controllare; quest’ultima, al contrario, si è sempre ribellata ed ha reagito, con una forza visibile rappresentata da catastrofi, distruzioni, morti. A ben pensare, forse si è trattato di una ribellione alla presenza autodistruttiva della specie umana.

L’immateriale (senza materiale) è l’antitesi di materia, sostanza; è anche l’ingegno, la capacità e l’abilità di una persona. Se poi ci si sofferma su cose o beni, ci si accorge che l’immateriale non ha un’entità palpabile pur avendo un contenuto patrimoniale; anche qui si parla di prodotto, o meglio, produzione: scientifica, artistica, letteraria, affidata all’abilità dell’uomo. Per immateriale si intende anche qualcosa che oltrepassa i limiti della materia e si rivolge a ciò che è non ha consistenza, un mondo etereo, spirituale. Ci sono infine declinazioni che riconducono allo stato d’animo, alla piena consapevolezza di ricercare una forma di appagamento, come ad esempio la bellezza immateriale.

Ad ogni modo, l’immateriale sarebbe un principio vitale, l’origine e il centro del pensiero, dei sentimenti, della coscienza, dell’anima, che entra sempre in relazione con il corpo in quanto non ci può essere contrapposizione o divisione, ma unità, come unitario è il rapporto dell’uomo con il suo ambiente e la sua vita. La persona nel suo insieme afferma i valori dello spirito, anche quello religioso, delle credenze nel soprannaturale.

Il termine negli ultimi anni è stato associato a Patrimonio Culturale Immateriale.

Se quest’ultimo era un tempo solo costituito da cose materiali, oggi è giustamente legato a tutte le forme delle manifestazioni umane, che riguardano i saperi umani (tecnica e ingegno), le celebrazioni ed espressioni (tradizioni, ritualità, linguaggi), cultura e luoghi conservati, ricreati e valorizzati. Sono dunque i processi di una cultura che viene trasmessa all’interno di una comunità e tramandata attraverso le generazioni; è una cultura intangibile, come: il canto, la musica, la danza, il teatro, l’abilità, la cucina, l’artigianato e le feste.

Si tratta di affermare il principio che “l’immateriale deve poter vivere nella materialità”, ovvero l’unità di beni culturali materiali e immateriali, attraverso un processo di mediazione, interpretazione, partecipazione per tutelare i patrimoni di prossimità. Ciò si può realizzare coinvolgendo soggetti pubblici e privati con sguardi (antropologici, artistici, comunicativi, economici, pedagogici, psicologici, sociologi, storici) affidati ad una complessità di relazioni tra uomo, cultura e ambiente.

Immateriale è dunque la parola che ho individuato per proiettarci nel prossimo anno con fiducia, interesse e nuove possibilità.

Buon Anno 2024.

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