La filosofia del Paradiso
A proposito del volume di Angelo Paolo Perriello: “Paradiso. Un racconto pedagogico sull’identità”, Edizioni Magna Graecia, 2023
di Pasquale Matucci
Scrivere di questo volume di Angelo Paolo Perriello, che si presenta sotto forma di racconto, significa compiere un viaggio nell’interpretazione della sua filosofia di vita e del suo pensiero.
L’opera propone la Communitas, che racchiude nel suo simbolismo una donna, la libertà, che corre con una torcia in mano controvento, e quindi cerca una strada, una occasione per poter modificare la condizione di stasi e rivolgersi al futuro. Nel logo che l’autore utilizza, la scritta “Im Anfang war die Tat” (all’inizio fu l’azione) è tratta dal Faust di Goethe.
Il Programma Communitas afferma le varie forme di cooperazione internazionale, facendo sì che i luoghi identitari, a contatto con le diversità, possano fa emergere ed attestare ciò che resta.
Nel lavoro però non ci sono intenti nostalgici o conservativi, piuttosto l’idea della comunicazione, attraverso varie formule che servono a proiettare ciò che è nel futuro, a vantaggio delle nuove generazioni.
Il libro è espresso in forma narrativa, perché Perriello crede che essa possa essere meglio fruita: il racconto infatti è accattivante ed in grado di cogliere sensibilità ed emozioni, inducendo alla riflessione. Produce pensieri, spesso distanti nello spazio e nel tempo, differenti nella storia, che parte dal passato e da un luogo (Campora), quello delle sue origini e della sua esistenza, utilizzato come grimaldello per afferrare il senso comunitario e proiettarlo verso l’altrove.
È la differenza, i termini oppositivi che ricalcano l’intera opera, che produce connessioni con finalità educative. Come altrimenti si spiegherebbe il sottotitolo: “Un racconto pedagogico sull’identità” che fa da corollario al “Paradiso”, se non attraverso la speranza e la tendenza a crederci, a mostrare ciò che occorre fare? Dunque, un racconto che tiene insieme varie storie; pedagogico che ha un intento non solo educativo anche se serve, visti i tempi in cui viviamo, a proporsi alle nuove generazioni; infine, è evocata l’identità.
Su quest’ultimo concetto mi soffermo brevemente. L’identità territoriale è il senso di una vita comunitaria, fatta di quotidianità, ma anche di un Genius loci, lo spirito, l’anima, l’atmosfera che si respira, i colori, gli odori, i suoni, il linguaggio della popolazione, il silenzio. È questo un aspetto che riguarda il rapporto tra l’ambiente, l’uomo e le sue abitudini: indica il carattere di un luogo, legato a doppio filo agli aspetti che in esso si affermano, includendovi anche le opere immateriali (religio, intesa come legami sacrali, nell’accezione di Luigi Leuzzi), gli individui che vivono un rapporto storico-culturale: tutto questo rende riconoscibile un’area, un territorio.
A proposito dei contenuti del libro, la storia è al centro con i suoi eventi accaduti e naturali, riguardanti i costumi e il senso di una comunità. Sono valori ben conservati e che andrebbero proiettati nel futuro: sono movimenti non statici ma che mantengono una caratteristica di fondo, spesso evidenziata nelle scienze sociali. Accade cioè che per far modificare occorre prima ancorare, e poi produrre le nuove opportunità che si presentano e che sono considerate migliorative del contesto esterno. Ad esempio: il benessere individuato nella “capacità di relazionarsi, di costruire ponti, intese, scambi”, si realizza nelle diversità, e di ciò sono convinto insieme all’autore e agli studiosi che ne hanno curato la parte introduttiva, che costituiscono motivo di arricchimento operando attraverso risorse culturali ed intellettuali. Per fare ciò, Perriello si affida al racconto che connette esseri umani e ambiente, per trovare il Paradiso.
L’autore all’inizio dà il benvenuto ai lettori per invitarli a trovare la propria strada, il loro percorso, attraverso le diverse sensibilità. Lo scrittore Cromwell (Perriello) ricerca l’immortalità e il Paradiso come giardino della felicità; conduce il lettore e spesso si arena, ha dubbi nella prosecuzione del suo lavoro. Del resto, come si fa a non dubitare nelle riflessioni, nelle spiegazioni dei fenomeni, nello spirito di ricerca che implica la sospensione del giudizio prima di poter riformulare, riproporre la verità o almeno approssimarsi ad essa?
I temi trattati sono: i briganti tra violenze e soprusi; i contadini e le immagini di vita; le donne che si ribellano; le tradizioni, il matrimonio soprattutto nelle sue espressioni; il folletto (munaciello); il lavoro che va indirizzato alla cooperazione; l’istruzione come arma di cambiamento; la guerra, con vinti e vincitori e la tragedia della morte; la scienza, come luce e speranza; la crisi e il progresso, termini legati per realizzare affrancamento e autonomia; la ricerca della verità; la cultura tra scuola ed educazione; l’amore, figlia del sole; Lucy e la bellezza. Infine, il Paradiso riconquistato, attraverso un ripensamento della democrazia (oggi morta), dell’amore e della felicità; il tema dell’arte: l’arte per amore dell’arte.
L’azione è quella di Cromwell che comprende come sia arduo cogliere le connessioni entro la cornice del romanzo che intende scrivere per eventi che non sembrano avere sbocchi logici. Che poi sarebbe la domanda sul come rapportarsi rispetto alla complessità del mondo in cui viviamo. Sembra di vivere in un villaggio nebbioso dove scompaiono i volti dei personaggi che “sembrano anime vaganti”. Gli uomini non hanno il tempo per l’arte, devono lavorare e non pensano ai “valori etici alla base del contratto sociale”. L’arte è il tutto della vita, che si immerge nelle cose della natura, e può far trovare il “Paradiso sulla terra”, facendo coesistere bellezza, verità, in un’atmosfera di soffice luce. Lucy è l’arte, la bellezza del mondo: la natura impone rispetto, coraggio, amore, colori indispensabili alla vita; Cromwell è il pensiero, la riflessione che consente di guidarci e di connettere tutti i personaggi e le storie narrate.
Nell’opera c’è la ricerca del vero che si ottiene sgombrando il velo che attanaglia la mente umana.
Negli ultimi racconti, Perriello cerca il senso della realizzazione della conoscenza, che non può essere senza etica. La mappa che guida è la psicolinguistica, che permette la convergenza di varie scienze, la democrazia e l’impegno di cambiare il mondo attraverso nuovi linguaggi. È la scelta pedagogica, che è insegnamento tra le masse, e si realizza attraverso una parola: cooperazione.
Occorre superare Narciso e i pregiudizi, e puntare sugli accordi di cooperazione internazionale che possono portare al successo del “modello didattico strategico”.
Osservando il contesto, occorre dare significato alla lettura storica, archeologica, scientifica, antropologica, per realizzare “l’unità di luce che possa squarciare l’orizzonte e penetrare la conoscenza”. Tutti i disastri prodotti sono tali perché ci sono i “palazzi del potere” che hanno impedito di realizzare un orizzonte pedagogico, facendo precipitare il tutto nell’oscurità.
È da riproporre il “metodo d’indagine shakespeariano”, che osservi le luci e le ombre e si affidi al “principio persistente dei contrasti e della trasformazione”.
Il finale è affidato a Lucy che esce dalla penna di Cromwell e chiede di avere lo spazio per potersi liberare dagli artifizi della scrittura e trovare le verità della vita. Lo scrittore ora riconosce creature vive che agiscono e si muovono nel teatro dell’esistenza, anche se ciò si può realizzare a condizione che le creature si liberino della futilità e siano orientate verso i valori artistici, una vocazione, una fede, un beruf, cercando la grazia e la liberazione, ispirandosi alla luce divina che è nella nostra mente.
Oltre il male c’è il Paradiso, dove i vizi sono soppressi attraverso metodi pedagogici che si affermano nel tempio della cultura, per proiettare “la libertà in ogni città e villaggio della terra”. Il fine è la demoartecrazia.
È questa la filosofia di Angelo Paolo Perriello, in cui il pensiero si fonde nell’azione e che prefigura movimento, ispirandosi ad un Manifesto culturale con indicazioni tendenti al superamento dell’incertezza. È soprattutto un atto d’amore per il progresso delle genti e delle future generazioni.