21 Novembre 2024

Rubrica: Il Taccuino di Baudelaire di Giovanni Farzati

Ultimora Olivitaly
nel castello di Rocca Cilento; ” viaggio nel cuore dell’olio extravergine”: 4-6 maggio 2024

Rip

è venuto a mancare don Luigi Orlotti, parroco per molti anni della Parrocchia S.Maria a Mare di Santa Maria di Castellabate 


Le sintesi di Umberto D di l.c.
Olivami, come risposta alla devastante xylella, associazione pugliese che consente l’adozione di un ulivo..contatti al 3394391760

Pastiches ….Eboli, bimbo di 13 mesi muore azzardato da pibull

L’editoriale di noantri di Luciano B.
Il ruolo del padrone è fondamentale;  una cosa va fatta presto, una legge, chi tiene un cane di questa razza canina deve avere un permesso speciale; superare un esame;
tragedia di Eboli, bimbo sbranato da due pitt bull, cani gestiti male, forse abbandonati a loro stessi.

Poi ci sono le fantasticherie,  attorno ad alcuni razze di cani; mi  sembra di essere tornati al medioevo”, l.b.; una caccia alle streghe, come negli anni 90: quando prese piede l’idea stupida contro i cani dobermann; una setta di svalvolati affermava che  durante la loro crescita sarebbero impazziti; motivo?  il cranio terminava lo sviluppo e il cervello continuava a crescere fino ad esplodere all’interno del cranio; scemi: siete degli scemi.

L’angolo di Piccone Stella by Dillon

Fort Apache di Marco Risi insegna, guardate il film
Oreste Mottola: “Mi vogliono bene solo perché non parlo, perché me ne sto in disparte e non dico la mia. Non so essere ruffiano, dico sempre qualcosa che scontenta. Troppo di destra per chi è di sinistra, e troppo di sinistra per chi è di destra. Troppo moderato per gli estremisti, e troppo estremista per i moderati. Troppo modernista per i conservatori e troppo conservatore per i modernisti. Sto nella terra di nessuno delle contraddizioni e delle controversie. Appartengo solo alla mia solitudine. Che non è garanzia di niente, a scanso di equivoci…”.post su Facebook

Dillon risponde…
Ma dai!..coraggio vecchio cronista; rispondo a questo tuo post pubblico sconsolante, con un consiglio;  prendilo come una.medicina dell’anima…
guardati Fort Apache, film sulla vicenda tragica del giornalista Siani; c’è il vecchio volpone di redazione.

Sasà, il volpone; dicevo.. classifica l’affollato mondo dei giornalisti; in due categorie;
A.. giornalista impiegato…fa le sue ore e pensa allo stipendio, tiene famiglia!!!
B…giornalista- giornalista, quello che scrive sempre e comunque, un qualcosa che meraviglia, oppure qualcosa che nessuno conosce; categoria che porta rogne e solitudine agli stessi..tu sei nel  secondo caso..  giornalista-giornalista
Auguri, mio caro.

Ps..sul fatto di Destra/Sinistra, credimi, meglio considerarli segnali stradali ahahah

Intense letture di Nantas

Padre Maurizio, vicino a chi soffre
SARA
« Padre Maurizio, vieni…». Capisco. Corro. Ad attendermi, avvolte in un alone di dolore e di silenzio, Lina e Giorgia, mamma e suocera di Sara. Nel letto, che ancora profuma di nuovo, la loro figlia si va spegnendo lentamente. Il cancro, negli ultimi mesi, le ha rubato tutto, lasciandole solo un flebile respiro e un impercettibile battito del cuore.

Poco dopo arriva Gianni, il marito. Preghiamo insieme, sommessamente. Ungo Sara con l’Olio degli infermi, poi rimaniamo zitti, immobili. Stringo le mani di Sara tra le mie. Mani di bambina, diafane, piccole, delicatissime. Quanta tenerezza! In cuor mio non smetto di invocare san Giuseppe e la Vergine Maria.

Gianni e Sara hanno dato vita a due bambine, troppo piccole per gestire un dolore così grande. Si decide di andare a prenderle a scuola e portarle da una zia: da un momento all’ altro la loro meravigliosa mamma scioglierà le vele. Padre Pio da Pietrelcina volle che all’ospedale da lui realizzato a San Giovanni Rotondo, fosse dato il nome di “ Casa sollievo dalla sofferenza”. Una casa dove il dolore è tenuto a bada, dove l’ammalato trova accoglienza, sollievo, serenità. Dove la speranza di poter guarire deve rimanere in vita fino all’ultimo respiro. 

Già, l’ultimo respiro, ma dopo? Che cosa fare dopo? Quando la malattia viene sconfitta si, ma non dalla guarigione, bensì dalla morte che, – cinica, pietosa, impietosa? – mette fine ai giorni della persona amata? In quel momento terribile e misterioso c’è ancora una parola da dire, qualcosa da fare, una vera consolazione da dare?

Al capezzale di Sara si respira il mistero. Ci sentiamo tutti catapultati in un mondo più grande di noi. Sentiamo sulla pelle il gelido fruscìo della morte che si aggira per la casa. Sappiamo che con lei, tutti, prima o poi, dobbiamo  fare i conti. Di fronte alla sua tremenda maestà tutto diventa piccolo, tutto diventa superfluo, tutto nobile. Finanche il peccato, per quanto sciocco, inopportuno e devastante, impallidisce e retrocede impaurito e rispettoso.

Guardo Lina, una mia vecchia amica, ricordo il giorno felice del suo matrimonio. Sara viveva allora soltanto nella mente del buon Dio. Presto fece capolino nel grembo della mamma. Un invisibile puntino che si trasformò e divenne embrione, feto, neonata. La bimba che nacque divenne donna, sposa, poi, a sua volta, mamma.

E adesso? Che sta per succedere, adesso? Che accadrà all’ invisibile puntino di soli quattro decenni fa? Per chi ha il dono della fede, la morte sarà l’ultima, grande, trasformazione. Da Dio veniamo a Dio ritorniamo. Negli ospedali di un tempo, quasi sempre fondati dai credenti in vecchi monasteri, la cappella occupava il posto centrale e il prete per la celebrazione della Messa non mancava mai.

Siamo chiamati a farci prossimo, a rimanere accanto, a dare sollievo. A fare di tutto per tentare di rendere innocui gli affilati artigli della sofferenza. Per addolcire e dare senso al momento del trapasso. Dobbiamo correre dove i fratelli e le sorelle soffrono per donare sollievo sempre, soprattutto quando la scienza, dopo aver  compiuto l’ultimo, inutile sforzo, umilmente, si fa da parte, e confessa il proprio fallimento.

Confessiamolo: nascere per morire non è poi un grande affare; morire in giovane o in tenerissima età, poi, non lo è per niente. Davanti allo spettro della morte ogni parola diventa piccola, incompiuta; solo la fede in Dio Padre e nella resurrezione della carne donano vera consolazione.

Sara ha consumato i suoi ultimi minuti. Sotto i nostri occhi è scivolata via. E, come per incanto, il suo volto, sfigurato dal dolore, si è come disteso, rasserenato, addolcito. Illuminato. Il bruco è diventato farfalla. E ha preso a volare per i cieli infiniti, i tempi eterni. Addio, Sara. Maurizio Patriciello.

Felicità e musica,  vanno di pari passo
“Vaju me nzuru”, canzone tradizionale mesorachese di sdegno,  interpretata da Isabella Longo.
Testo tratto dall’ opera di Francesco Domenico Stumpo “Sugnu venutu de luntanu”; “veniva canticchiata dai miei nonni e portata in giro negli anni ’50 nelle serenate eseguite da Gino Longo e Giovanni Iembo. Il tutto venne confermato  persino dal padre del cantautore Gino Marrazzo”. Sr

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