Perché l’autonomia differenziata non è vero federalismo
di Gianfrancesco Caputo
Il dibattito sulla questione dell’autonomia differenziata è tornato prepotentemente all’ordine del giorno, con la proposta attualmente in discussione alla Camera dei Deputati. Tuttavia, è importante analizzare attentamente le implicazioni di questa proposta e porre l’accento sul fatto che essa non rappresenta affatto un vero federalismo, bensì potrebbe portare a conseguenze dannose per l’unità e l’equità del Paese.
Fino ad oggi, la ripartizione dei fondi tra le regioni è avvenuta in base alla spesa storica, un criterio che, sebbene non privo di criticità, ha garantito una certa coesione e solidarietà tra i diversi territori. Tuttavia, le regioni che promuovono il trattamento differenziato vogliono ribaltare questo principio, pretendendo che le risorse a loro destinate dipendano esclusivamente dalle tasse pagate dai cittadini residenti sul loro territorio.
Questo disegno, se attuato, sarebbe significativo e problematico. Introdurrebbe il principio per cui il livello dei servizi offerti in una regione non dipenderebbe dai bisogni dei cittadini, ma dal reddito generato nel territorio. Tale approccio è profondamente ingiusto e contrario ai principi di equità e solidarietà su cui dovrebbe fondarsi una nazione democratica.
La tassazione dovrebbe essere basata sulla capacità contributiva dei cittadini, non sulla loro residenza. Se i servizi pubblici vengono erogati in base al reddito regionale anziché ai bisogni dei cittadini, si finisce per creare disparità ingiustificate e ad alimentare divisioni territoriali. Questo rischia di minare i principi costituzionali fondamentali, come quelli di uguaglianza sociale, parità e progressività della tassazione, e integrità della Repubblica.
Ma il problema non si limita alla sfera fiscale e alle risorse. L’adozione dell’autonomia differenziata significherebbe anche concedere alle regioni un potere legislativo ancora maggiore. Questo comporterebbe un’eccessiva frammentazione normativa sul territorio nazionale, con conseguenze disastrose per l’efficienza del sistema legislativo e per la coerenza delle politiche pubbliche.
In un’epoca in cui le sfide economiche e sociali richiedono decisioni forti e coordinate a livello nazionale e sovranazionale, frammentare ulteriormente l’Italia in microsistemi normativi sarebbe un errore grave e autolesionistico. Inoltre, l’aumento dell’autonomia legislativa comporterebbe una proliferazione di leggi regionali, con il rischio di creare un caos normativo e un’inefficienza amministrativa insostenibile.
È opportuno sottolineare che l’approvazione definitiva dell’autonomia differenziata non solo minerebbe la coesione nazionale, ma potrebbe anche mettere a rischio i diritti e le garanzie fondamentali dei cittadini, poiché le leggi regionali potrebbero divergere sensibilmente in settori cruciali come la tutela dei diritti civili, sociali e ambientali.
L’idea di autonomia differenziata rappresenta una minaccia per l’unità e l’equità del Paese. È necessario respingere questa proposta e lavorare invece per rafforzare la solidarietà tra le regioni e garantire un’efficace governance a livello nazionale, nell’interesse di tutti i cittadini italiani e del vero federalismo.
No all’autonomia differenziata com’e’ concepita,no alla disparita’ tra le regioni,si’ invece alla prosperita’ delle regioni piu’ povere perche’ l’Italia e’ una e dev’essere unita in tutto,tutti devono avere gli stessi diritti!!!!