19 Settembre 2024

Senza dubbio non si scrive la Storia: il valore della diversità

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di Carla Maurano*

“Sia lode al dubbio. Vi consiglio, salutate serenamente e con rispetto chi come moneta infìda pesa la vostra parola! Vorrei che foste accorti, che non deste con troppa fiducia la vostra parola” (Bertolt Brecht)
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. […] odio chi non parteggia, odio gli indifferenti” (Antonio Gramsci)

Appartengo ad una generazione che ha letto e si è innamorata di Brecht e di Gramsci e che crescendo ha compreso l’apparentemente inconciliabile necessità di conciliare l’essere partigiani con il dubbio, l’ideologia con la realtà e che lo ha fatto per un fine nobile, quello di non imprigionare il pensiero, di coltivare la libertà (che del pensiero è figlia), nel tentativo di restare sempre protagonisti consapevoli della società e della sua dinamica mutevolezza.
Nel voler concretizzare questa necessità, nel voler realizzare questo tentativo, molti della mia generazione sono stati assertori, portatori, diffusori di antichi eppure nuovi diritti umani, del riconoscimento del fondamentale principio del rispetto della diversità culturale, che è riconoscimento delle differenti individualità in tutte le forme in cui esse si manifestano.
Eppure, mi dispiace dirlo, comincio a pensare che non siamo stati abbastanza bravi, che abbiamo fallito.
Il dubbio nasce dalla messa in discussione di un principio, di una situazione, di un’ opinione.
Il dubbio è cercare l’incontro, dibattere sulle proprie tesi, non è schierarsi su opposte barricate, non è sparare a zero su chi la pensa in modo diverso, non è “o accetti tutto di me, o sei come me, o sei sbagliato”.
Non sono i partigiani senza dubbi a scrivere la Storia, quantomeno quella che noi vorremmo, quella giusta per l’umanità.
Non lo sono le imposizioni che alla fine si rivelano ahimè inopportune e dannose per chi pure alle volte le ha messe in atto per difendere la propria causa.
Ho seguito come tutti quello che è avvenuto a Parigi.
Mi è molto piaciuto l’articolo “Parigi, ambiguità a cinque cerchi” del giornalista Pasquale Scaldaferri.
Aggiungerei, all’ambiguità, la “paura”. Perché in barba al pensiero e alla libertà di pensiero e di azione, ormai chi ha tesi diverse dalla maggioranza, chi si pone domande, chi vorrebbe spiegazioni, troppo spesso ha “paura” di chiedere (e anche “paura” di rispondere) perché teme di essere definito arretrato, asociale, di essere aggredito, di essere additato come “politicamente scorretto” in una società che in modo ridicolo proibisce ai minori la fiaba di Biancaneve per il bacio non autorizzato del principe, che chiede di non usare la desinenza maschile e femminile perché non si capisce chi né perché dovrebbe offendersi, ma che in fondo poco si dedica alla crescita culturale “vera” della società, che su ben altri principi e valori umani, su ben altre riflessioni ed azioni, su ben altre forme profonde di rispetto dovrebbe formare le nuove generazioni, guidare la società, indirizzare verso la serena accettazione dell’altro e della sua diversità, valore universale per tutti.
I partigiani di entrambi gli schieramenti sono chiamati a scendere dalle barricate, a nutrire qualche dubbio, a spiegare senza accuse e senza violenza quello che è il loro pensiero. E finalmente a conciliare delle oneste proposte.
A farlo per il bene del nostro consesso, che per essere civile necessita di regole chiare, trasparenti, oneste, condivise.


*Presidente Identità Mediterranee – Associazione Promozione Sociale Registro Unico Nazionale Terzo Settore – Componente Comitato Internazionale Monumenti e Siti Unesco

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