22 Novembre 2024

Pisacane, politico moderno

di PASQUALE SCALDAFERRI

ella vasta e variegata pubblicistica inerente alle gesta di Carlo Pisacane, peculiare menzione merita Il Proclama di Torraca (Strana Officina Edizioni), libriccino di riflessioni e approfondimenti sull’ultimo scritto dell’eroe risorgimentale.

Elaborato a quattro mani da Gaetano Bellotta, maestro elementare in quiescenza e opinionista tv e dal figlio Carlo, docente di Lettere all’Istituto tecnico “Vito Sante Longo” di Monopoli (Bari), la pubblicazione rappresenta un prezioso documento sulle ultime ore del patriota socialista.

La nitidezza e la semplicità di stile che Gaetano e Carlo Bellotta offrono al lettore conferma quanto sia importante diffondere la cultura in modo trasversale, senza ponti levatoi alzati, chiusi, nei confronti di nessuno, ma rendendo commestibili anche argomenti storici -in molti tratti ostici e controversi- senza indulgere a teorie artefatte e discussioni capziose.

L’opera di Bellotta non è solo un excursus storico, ma è quasi un ammonimento agli attori del XXI secolo che non operano “col nome dell’Italia sulle labbra” e sfuggono al ruolo che più si addice a un politico serio, oculato, attuale, come l’abito provvidamente ritagliato su misura a Pisacane, operoso, combattente ed eroe “da rivoluzione e non da poltrona”.

Al contrario di molti coevi del frastagliato arcipelago politico, artefici di settari progetti deliranti e speciosamente unitari, o addirittura promotori di artificiosi elaborati spaccanazione e cervellotici manifesti alla demagogia.

Dieci frasi, un atto rivoluzionario redatto il 29 giugno 1857 che Carlo Pisacane legge in piazza Olmo, centro nevralgico del borgo cilentano, prospiciente al golfo di Policastro. 

È l’ultimo scritto prima del tragico eccidio di Sanza del 2 luglio 1857.

Una sintesi efficace e lucida degli obiettivi politici dell’eroe napoletano; un compendio di rivoluzione morale, insurrezione armata e potere al popolo per distruggere il Regno di Napoli e instaurare una Repubblica, con i cittadini veri protagonisti dell’Unità d’Italia. 

Patria e Nazione sono un comune denominatore, legate al filo invisibile e robusto della questione sociale, partendo dalle legittime proteste dei contadini meridionali protesi a rivendicare migliori condizioni di vita. 

Senza mai soggiacere a calcoli utilitaristici, Pisacane è supremo protagonista di un ideale politico di giustizia e libertà, ad onta della tragica conseguenza finale.

E quel “Viva l’Italia”, chiosa del Proclama, non è un’ingannevole e retorica esclamazione per catturare il consenso della gente. Ma una vivida espressione di ineludibile dedizione alla causa per conseguire l’obiettivo precipuo di unità e indipendenza.

Antesignano e integerrimo, Carlo Pisacane si ispira al pensiero illuminista ripreso dalla rivoluzione francese: passione civile, tempra rivoluzionaria e indissolubile forza morale. 

Ecco perché Il Proclama di Torraca è una sorta di testamento politico e umano. 

Verace schema all’insegna di coesione e fratellanza, contro pusillanimi e negletti che -ancora oggi al Sud e in Italia- si voltano dall’altra parte, con disumana acquiescenza, complici di soprusi, prevaricazioni e viltà impenitente, solo perché “hanno famiglia”.

Il dovere, il riscatto degli oppressi, gli ultimi, i diseredati, sono fonti inestinguibili, giammai esaurite nella barbarie di Sanza.

Attraverso le pagine del lavoro rigoroso di Gaetano e Carlo Bellotta, si raccoglie anche un messaggio pedagogico: solo la coerenza trasmette valori con l’abbrivio di un’azione incisiva e una proposta alternativa. 

Anche il linguaggio è innovativo e passa da “popolo” -con chiara accezione negativa dei regnanti- a “Cittadini”, secondo la formula più edificante del termine.

Seguendo eguaglianza e pari opportunità, associate alla comune identità di diritti, lingua, costume e leggi. 

Un capovolgimento paradigmatico, concettuale, politico, di equilibrio sociale, secondo il Pisacane-pensiero.

Netta controtendenza rispetto ai sofismi di obliqui vessilliferi, maschere emaciate attualmente sul proscenio, protagoniste indomite di una sceneggiatura mediocre e raccapricciante.

Carlo Pisacane nella fallita impresa della spedizione di Sapri sacrifica la sua vita e vede stravolgere la storia che egli aveva immaginato nel Proclama di Torraca ma, come sapientemente rimarcano gli autori, il suo valore etico e culturale resta immortale e per i cilentani “sarà sempre una gloria l’aver assistito al passaggio di gente che volenterosa si è immolata all’avvenire dell’Italia”.

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