21 Novembre 2024

di Stefano Cazzato

Ho letto questo libro tutto d’un fiato, e solo alla fine ho capito perché era necessario leggerlo così. Perché questo libro non è solo una raccolta di poesie, ma un poema che si distende, passo dopo passo, lungo la linea della memoria, lungo la storia di una vita: quella della madre dell’autore che il figlio ripercorre non tanto attraverso i fatti del quotidiano ma attraverso le emozioni che suscitano e le immagini (tante, sincere e forti) in cui si depositano.

Il poeta, per articolare il tempo del racconto e agganciarlo con quello dell’esistenza, per far coincidere la madre ricordata con quella reale, ha bisogno di fissare in più tappe il viaggio, ma il viaggio è unico: ha un’origine uno svolgersi e una fine, e tutto si tiene nelle parole dell’amore e dell’attacamento.

Ecco perché ho parlato di poema, perché tra le varie poesie c’è, oltre all’unità tematica, la sinergia di stile, la continuità affettiva e lo sviluppo dialettico.

Il magma del dolore e della perdità trova una sistemazione poetica nella capacità di diluire il pathos in una varietà di sentimenti particolari e di sgranare il tempo in una successione di attimi, gesti, scene e riti minimi ma archetipici grazie ai quali nulla si perde e il passato, da qualche parte della coscienza, può essere trattenuto. Parlerei, a tal proposito, di un’elaborazione del tutto.

Grazie a questo lavoro di scomposizione e di rarefazione del tutto nelle parti, le parti ci rimandano al tutto, ma senza che questo ci investa in modo impoetico, cronistico o stucchevole. Nella costruzione piana e lieve del verso viene mantenuta l’intensità ma eliminato il residuo affettato o retorico della rimembranza. Ne scaturisce l’autenticità di chi sa applicare il filtro poetico, la decantazione e la disciplina al caos delle emozioni. Che, se lasciate a sè stesse, possono far più rumore del chiasso e della confusione che vengono dall’esterno.

Ti cerco con ardore
In fondo ai miei sogni
Ti ritrovo immersa
Negli occhi del mio gatto
Ti sento calda
Nella sua voglia di carezze
Quella voglia donata
Senza pretese.

E’ per questo che si può continuare ad avvertire una presenza nell’assenza, una luce nell’oscurità, una voce nel silenzio, una guida nel disorientamento dei giorni e del senso. E’ per questo che “le fauci del tempo” e “le spire del dolore” non avranno partita vinta sulla voglia di vivere e di amare anche in presenza di una mancanza così grande.

G. Castaldo, Il rumore della mancanza, pref. di A. Spagnuolo, postfaz. di C. Mola, La Valle del Tempo, Napoli, 2024, pp. 65, Euro 13.00

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *