23 Ottobre 2024

Rubrica “Il piacere del testo” a cura di Stefano Cazzato

E’ proprio affascinante quello che gli scienziati chiamano il paradosso della lucertola, cioè l’abitudine di questo rettile di lasciar perdere, staccandola letteralmente da sé, la propria coda per correre lontano dal predatore.

Da questo singolare, e per molti versi misterioso, comportamento evolutivo di autoconservazione, di fine e di inizio, di perdita e di sopravvivenza insieme, prende le mosse Alice Cervia per costruire la sua avvincente storia di depistamenti, di sviamenti, di metamorfosi, di esseri divisi tra la vita e la morte, fluttuanti – chissà per quanto e perché – in una zona platonica di confine dove il contatto tra i mondi è ancora possibile.

Ma in questa zona terza, che non è ancora morte e che non è più vita, sono possibili molti altri eventi: situazioni gotiche, incontri improbabili, apparizioni o visioni, contrazioni dello spazio e del tempo, sovrapposizioni tra il piano reale e quello immaginario, corpi che si modificano e anime che, morto il corpo, non vogliono, per nessun motivo al mondo, staccarsi dal mondo da cui vengono e continuano così ad abitarlo furtivamente, in forme nuove, mentre c’è chi dà loro la caccia per rispedirle all’altro mondo, in cui è normale che vadano.

Ma c’è poco di normale in questa terra di zombi e fantasmi, di crimini e misteri, di viaggiatori e messaggeri, di archivi e cimiteri, dove il primato della lucidità e dell’autocoscienza non appartiene veramente a nessuno. Nemmeno alla protagonista, Vincenzina Montefiori, la giovane esperta di alberi genealogici, che solo tardivamente scopre di essere lei stessa morta, lei stessa fuori dal mondo e dentro al mondo, insieme coda abbandonata che depista noi lettori e corpo-anima in fuga, finalmente libera dalla causalità, dal possesso e dalla cattura.

E il senso stesso (della vita e della morte, della gioia e del dolore, dei rapporti umani più lievi e di quelli più faticosi, del bene e del male che facciamo, del rimpianto della terra che fa rincasare i morti come della curiosità dell’al di là che fa interrogare i vivi), il senso di tutto questo nostro esistere non è forse qualcosa che sfugge alla ragione e che difficilmente si lascia catturare da una regola o da una formula?

Restano le cifre, come le chiamava Karl Jaspers: tracce e segni, incisioni e piccoli semi gettati qua e là e, per fortuna, strani detectives, come gli scrittori, interessati a interpretare e a decifrare.

Alice Cervia, La coda delle lucertole, Augh, 2024, pp. 47.

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