23 Novembre 2024

di Pasquale Martucci

Il sociologo Danilo Martuccelli nelle sue ricerche si è dedicato alle problematiche dell’individuo nella sua relazione con la società, introducendo un concetto su cui credo valga la pensa riflettere: “la singolarità”, la cui definizione rimanda a: unico, diverso dagli altri, caratteristico, particolare, ma anche inconfondibile, irripetibile, ovvero l’unicità che caratterizza ogni essere umano.

Parto dalla sua idea di società che viene sempre inquadrata “entro un paradigma teorico che riesce a cogliere sia i condizionamenti materiali e culturali connessi alle strutture sociali concrete, sia le dimensioni delle diverse esperienze individuali storicamente situate”, come sostiene Franco Crespi nella prefazione al volume pubblicato in italiano: D. Martuccelli, “Sociologia dell’esistenza”, Orthotes, 2017.

Martuccelli ha gettato le basi per un radicale rinnovamento della conoscenza delle profonde trasformazioni in corso. Rileva la progressiva invasione nella vita sociale di esperienze esistenziali in senso stretto (la vita, la morte, ecc …) che diventano veri e propri problemi sociali, in cui il protagonista indiscusso è l’individuo. Il campo di indagine entro il quale si collocheranno le ricerche di una sociologia dell’esistenza dovranno gettare le basi verso esperienze nelle quali gli individui vivono, in forme diverse, l’inquietudine esistenziale.

La nuova prospettiva aperta dalla sociologia dell’esistenza, trasformando i vecchi schemi interpretativi, costituisce un punto di riferimento per quanti si interessano ai cambiamenti in atto nella società contemporanea.

In questo scritto, riprendo un suo intervento del 14 settembre 2019: La singolarità. Una nuova era della società (paginette festivalfilosofia, 2020), in cui analizza la valorizzazione del singolare calato nelle nuove concezioni sociali.

Se la singolarità degli individui è stata rappresentata come una delle categorie della nozione di persona, riguardante la dimensione identitaria, psicologica e le forme di differenziazione degli individui, tanto per intenderci: “eccezionalità di grandi personaggi o di esseri ignobili”, oggi le cose assumono una valenza del tutto diversa.

Tra gli anni trenta e novanta del novecento si parlava di masse, classi, razze, cioè di soggetti collettivi, che sembravano essere accomunati dai criteri di omogeneizzazione e di standardizzazione; la società industriale eliminava il singolo a vantaggio dei criteri di produzione. In seguito, il posto di rilievo è stato preso dall’individuo, con una grande propensione verso l’individualità e la tendenza a destandardizzare. Pensiamo al marketing e al rilievo dato alla personalità del consumatore, che produce la singolarizzazione a livello di massa. Occorre, cioè, che ogni individuo, diventando padrone della propria vita, costruisca la narrazione di se stesso. Gli interventi allora sono rivolti al singolo, in cui le relazioni valorizzano l’individuo e si costruiscono una serie di applicazioni personalizzate.

Oggi, la singolarità è da Martuccelli affrontata come questione centrale che riguarda la società nel suo insieme. Se un tempo l’individualità era subordinata alla rappresentazione di un carattere o di una posizione sociale, oggi le identità sociali non ci aiutano a definire le persone. Sostiene il sociologo che il grande richiamo alla visibilità fa sì che il narcisismo non sia più considerato una malattia ma una “sindrome”, il riconoscimento della singolarità di ciascuno, la ricerca di piccole differenze sociali.

Si è sviluppata una nuova sensibilità verso la vita sociale, in cui la singolarità diventa una realtà ordinaria, esistenziale, “una specifica modalità di accesso al mondo”.

Qui entrano in gioco l’esperienza e la testimonianza in prima persona come modalità di comprensione delle problematiche sociali: molti conflitti oggi sono visti come problemi tra le persone. Diventa chiaro che gli individui/singoli devono essere trattati in maniera differente al fine di garantire la loro effettiva eguaglianza e la giustizia deve diventare compatibile con la giustezza, ovvero ciò che è percepita come tale dai singoli.

La continua ricerca delle “prestazioni performanti” sembra ora indirizzarsi ai singoli in quanto tali, non su base ideologico/collettiva. L’esempio è dei salari individualizzati, dei consumatori che accettano differenze di prezzo per la stessa prestazione. La singolarità diventa l’empowerment degli attori, incoraggiati a rafforzare egoismo e indifferenza. I rilevatori oggi ci singolarizzano, “registrando il numero incrementale delle visualizzazioni, dei followers, dei likes … attraverso continue classificazioni (ranking)”.

Ora è importante verificare come affrontare la battaglia delle singolarità, proponendo visioni del mondo meno competitive e più interdipendenti, rimodulando l’uguaglianza e la singolarità attraverso ciò che abbiamo in comune. Dall’eccellenza allora si deve passare all’interdipendenza, considerando che si è inseriti in una società, in una dimensione collettiva. È una nuova coscienza sociale: “il nuovo orizzonte e la nuova coscienza dell’interdipendenza ci obbligano a ripensare in modo diverso la dinamica del singolo e del comune”. Per fare un esempio: i dibattiti sulle pensioni, sulla disoccupazione, sull’istruzione, sulla sicurezza sociale, sul lavoro sono questioni essenziali che servono a definire nuove modalità di individuazione.

La sua critica conclusiva è al concetto di omogeneità e alla trappola della differenza. Questi approcci finiscono con il contrapporre i gruppi tra loro e che all’interno della differenza o omogeneità ci sia comunque un principio di uguaglianza, identità.

Per Martuccelli, la questione va posta differentemente: praticare una politica della singolarità significa confrontarsi con le varie problematiche, separando l’etica individuale dalla morale collettiva, per favorire il maggior numero possibile di esplorazioni personali. Citando Rosa Luxemburg, la libertà consiste “nel saper pensare altrimenti”.

Questo l’ideale. Il sociologo è tuttavia convinto che le società attuali si confrontano con divisioni che si moltiplicano: “gli individui agiscono ogni volta in preda alle passioni e convinzioni personali molto forti, ciascuno muovendo da problematiche che gli stanno a cuore e respingendo quelle degli altri”.

Se la costruzione della singolarità mostra una crisi perché c’è mancanza di immaginazione, la soluzione sarebbe il riconoscimento della eterogeneità, considerando che le aspirazioni di ciascuno sono comuni a tutti. È l’ideale di una nuova collettività che trasformi “l’eterogeneità in valore”, in cui gli individui agiscano fianco a fianco.

Partendo da industria, capitalismo, consumo, massificazione, la nuova era deve approdare a costruire collettivamente una società orientata verso la massima realizzazione delle singolarità. In uno scenario nel quale situazione e possibilità confliggono, l’uomo è sempre orientato al progetto, ed allora la sua presenza nel mondo si configura come un modo di essere aperto alle possibilità.

Il suo contributo è interessante, al di là delle possibili soluzioni individuate, per aver posto al centro la singolarità, che credo potrà essere un concetto importante per rilevare la condizione di vita delle nuove generazioni.

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