LA SCUOLA ISTRUISCE, MA NON EDUCA
“La mente si apre solo se ha aperto il cuore”. L’educazione va oltre la semplice trasmissione di nozioni.
“La mente si apre solo se ha aperto il cuore”. L’educazione va oltre la semplice trasmissione di nozioni.Umberto Galimberti è nato a Monza il 2 maggio del 1942, ed è un filosofo, psicoanalista e docente universitario italiano. Compiuti gli studi di filosofia e psicologia, è attualmente professore ordinario di filosofia della storia presso l’Università di Venezia. Professore associato fino al 1999, precedentemente (dal 1976 al 1983) è stato professore incaricato di antropologia culturale. Dal 1985 è membro ordinario dell’International Association of Analytical Psychology. Allievo di Karl Jaspers, durante alcuni soggiorni in Germania, ne ha tradotto in italiano le opere. Ha dedicato anche alcuni studi a Edmund Husserl e a Martin Heidegger. Dal 1995 collabora con il quotidiano «la Repubblica». Tra le sue opere si ricordano: Heidegger, Jaspers e il tramonto dell’Occidente (1975), Psichiatria e fenomenologia (1977), Il corpo (1983), Dizionario di psicologia (1992), Psiche e tecne. L’uomo nell’età della tecnica (1998), Gli equivoci dell’anima (1999), Orme del sacro (2000), L’ospite inquietante (2007), Il segreto della domanda. Intorno alle cose umane e divine (2008), La morte dell’agire e il primato del fare nell’età della tecnica (2009), I miti del nostro tempo (2009), Cristianesimo (2012), La disposizione dell’amicizia e la possessione dell’amore (2016), La parola ai giovani. Dialogo con la generazione del nichilismo attivo (2018), Heidegger e il nuovo inizio. Il pensiero al tramonto dell’Occidente (2020).In un contesto sociale sempre più complesso, ci sono alcune istituzioni che rischiano di perdere la propria identità. Una di queste è la scuola, al centro della lectio magistralis di Umberto Galimberti al Settembre Pedagogico di Andria .
Secondo il filosofo, la scuola oggi istruisce ma non educa,anzi ricorre troppo agli strumenti tecnologici per sopperire alle proprie mancanze. Il filosofo ha toccato alcuni dei temi più importanti che riguardano la scuola e il suo rapporto sia con gli studenti sia con la tecnologia. l’educazione va oltre la semplice trasmissione di nozioni.Il problema è che la scuola italiana istruisce, quando ce la fa, ma non educa. Educare significa seguire i ragazzi nella loro evoluzione psicologica, portarli dalle pulsioni alle emozioni, dalle emozioni ai sentimenti, in quell’età incerta che si chiama adolescenza.Nelle sue riflessioni Galimberti richiama Platone, secondo cui è necessario trovare un equilibrio fra mente e cuore per crescere in modo completo. Al contrario, la scuola non riesce a svolgere appieno la sua funzione educativa, a maggior ragione in un’epoca di competitività e tecnologia.L’uso eccessivo della tecnologia è insieme sintomo e causa della decadenza del sistema scolastico, secondo Galimberti. Strumenti come smartphone e computer dovrebbero rimanere fuori dalle aule, per via della dipendenza che creano negli studenti, ma non solo. Queste le parole del filosofo, che prende come esempio una situazione successa a tutti.Sapete i danni che fanno i cellulari? Io ho una persona cara, gli mando un messaggio, non risponde, gli mando un altro, non risponde, provo a fare un vocale, mi agito, non sopporto più la distanza. Regredisco allo stadio infantile, che quando la mamma esce dalla stanza mi metto a strillare.Il concetto è chiaro: a meno che non venga utilizzata in modo consapevole, la tecnologia rischia di cambiare in peggio la nostra vita. L’analisi di Galimberti non si limita alla critica della scuola e del suo rapporto con la tecnologia, ma delinea quindi un problema sociale più ampio. Una generazione che dipende da strumenti tecnologici è sempre meno capace di pensare in modo autonomo, e pertanto è anche più manipolabile. Allo stesso tempo, è se la scuola non riesce a comprendere i loro bisogni e i loro problemi, i giovani saranno più portati ad abusare della tecnologia. Umberto Galimberti parla di due facce della stessa medaglia: da un lato la scuola istruisce ma non educa; dall’altro lato, fa un uso eccessivo della tecnologia. In un contesto così delineato, è essenziale ripensare profondamente il ruolo della scuola nell’era digitale.