Fascismo Democratico: una critica alle tesi di Marco Tarchi riguardo Fratelli d’Italia
Gianfrancesco Caputo
Il concetto di “fascismo democratico” è emerso quale lente interpretativa per analizzare la complessa eredità del populismo contemporaneo, nella lettura che ne fa Alan Badiou nel suo “Trump: o del fascismo democratico” (Meltemi Editore), specialmente nelle sue declinazioni europee e statunitensi. Questa nozione, spesso legata alla filiazione politica del trumpismo e del populismo sovranista, evidenzia una convergenza tra retoriche autoritarie, culto della leadership carismatica e strategie elettorali che si radicano nelle istituzioni democratiche per consolidare il potere. Un esempio centrale di questa dinamica è rappresentato da Fratelli d’Italia (FdI), il partito guidato da Giorgia Meloni, la cui relazione con il fascismo storico e le sue reinterpretazioni contemporanee è al centro di dibattiti accesi.
In questo contesto, l’analisi proposta da Marco Tarchi nel suo libro “Le tre età della fiamma” recentemente pubblicato per i tipi della casa editrice Solferino, risulta particolarmente rilevante. Tarchi sostiene che Fratelli d’Italia sia un partito “afascista”, ossia privo di legami diretti o sostanziali con l’ideologia fascista e orientato verso una destra conservatrice nazionale più moderata. Tuttavia, questa tesi presenta diverse criticità, soprattutto alla luce di una lettura più ampia del fenomeno del fascismo democratico.
Il fascismo democratico si configura come un adattamento dell’autoritarismo fascista alle dinamiche delle società democratiche contemporanee. Mentre il fascismo storico disprezzava apertamente le istituzioni liberali, il fascismo democratico le utilizza come strumenti per consolidare il potere di una leadership centralizzata, ridurre il pluralismo politico e promuovere un’identità nazionale esclusivista. Questo approccio si manifesta nell’ espressione “democrazia illiberale”, formulata da leader come Viktor Orbán, e trova paralleli significativi nell’evoluzione del trumpismo negli Stati Uniti.
Giorgia Meloni, come erede di una tradizione politica che affonda le radici nell’esperienza post-fascista del Movimento Sociale Italiano (MSI), ha saputo reinterpretare questa eredità in chiave moderna. Pur cercando di smarcarsi retoricamente dal fascismo storico, Fratelli d’Italia ha mantenuto simboli, riferimenti e retaggi ideologici che evocano continuità con quel passato. L’uso del simbolo della fiamma tricolore, originariamente adottato dall’MSI, è solo uno degli esempi più evidenti di questa ambiguità.
Marco Tarchi argomenta che il percorso di Fratelli d’Italia rappresenti una “normalizzazione” della destra radicale, rendendola compatibile con i valori democratici. Tuttavia, questa interpretazione appare limitata se si considera il quadro più ampio del populismo sovranista e le pratiche politiche del partito.
Fratelli d’Italia si caratterizza per una retorica fortemente sovranista, che mira a ridurre il ruolo delle istituzioni sovranazionali, come l’Unione Europea, in favore di una presunta sovranità nazionale. Questo approccio, sebbene non apertamente fascista, rievoca il nazionalismo esclusivo che fu una delle basi del fascismo storico.
Nonostante i tentativi di Meloni di prendere le distanze dal fascismo, esponenti di Fratelli d’Italia continuano a esprimere posizioni ambigue rispetto al regime mussoliniano. Celebrazioni e dichiarazioni nostalgiche non sono rare nel partito, indicando che l’afascismo proclamato non corrisponde necessariamente a una reale cesura ideologica.
Un tratto distintivo del fascismo democratico è il ruolo dominante del leader come figura salvifica e carismatica. Giorgia Meloni incarna perfettamente questa dinamica, proponendosi come rappresentante del “popolo autentico” contro le élite. Questo culto della personalità, unito alla disintermediazione comunicativa attraverso i social media, ricorda pratiche politiche tipiche dei regimi autoritari moderni.
La retorica di Fratelli d’Italia spesso si indirizza promuovendo una visione della società omogenea e culturalmente monolitica. Sebbene queste posizioni vengano giustificate come difesa dei valori tradizionali, esse riecheggiano i progetti di omogeneizzazione sociale tipici dei regimi fascisti.
Le tesi di Tarchi rischiano di sottovalutare la capacità del fascismo di evolversi e di adattarsi ai contesti contemporanei. Fratelli d’Italia non è un partito fascista nel senso storico del termine, ma il suo progetto politico condivide alcune caratteristiche fondamentali del fascismo democratico: il leaderismo carismatico, il nazionalismo esclusivo, l’attacco al pluralismo e l’utilizzo strumentale delle istituzioni democratiche.
Il fascismo democratico non si definisce attraverso il ritorno al passato, ma attraverso la sua capacità di nascondersi dietro il linguaggio della democrazia e della legittimità elettorale. Sotto questo profilo, l’eredità ideologica e simbolica di Fratelli d’Italia appare difficilmente compatibile con una reale cesura rispetto al fascismo storico.
Smentire l’afascismo di Fratelli d’Italia significa riconoscere che il partito di Giorgia Meloni rappresenta una forma aggiornata di destra radicale, che si inserisce in un contesto globale di erosione delle democrazie liberali. Il fascismo democratico non è una semplice etichetta, ma una categoria analitica utile per comprendere le dinamiche di potere e ideologiche che animano il populismo contemporaneo. Ignorare questi segnali significa sottovalutare il rischio che tali forze pongono alla tenuta delle democrazie europee.
Gianfrancesco Caputo
Coordinatore Partito Socialista Italiano Golfo di Policastro