Il Piacere del testo: “Il Contemporaneo del Jazz italiano”
di Fabrizio Ciccarelli
Il piacere del testo“ rubrica a cura di Stefano Cazzato
Se ne continua a parlare, se ne continua soprattutto a discutere circa le scelte estetiche, si lascia apprezzare in tutto il mondo, pur se molti dei nostri jazzisti scelgono di trasferirsi all’estero o almeno di esibirsi o negli USA o nell’Europa settentrionale se non in Giappone (“pecunia non olet”, cinicamente), e quasi nessuno dei nostri addetti alla cultura nazionale si pone il problema, sbilanciati sull’amaro populismo della canzonetta o su tanti, troppi, talent show farlocchi di bassissimo interesse e di pessimo gusto, ove più che il talento si mettono in mostra look stravaganti, belle ragazzotte che canticchiano cover appiccicose o similrap dai testi noiosi, tutti uguali. Tant’è. O Tempora O Mores. Un po’ di tristezza, ma passiamo oltre. Il bravo musicologo osserva e consiglia, espone con lucidità e senza sicumera, non dà per scontate le proprie scelte, opina e sorregge lo status italiano delle Blue Notes, che nulla hanno a che invidiare a quelle del 99 per cento dei Paesi, com’è naturale eccezion fatta per gli States, dove pur molti dei nostri brillano per originalità e lucidità strumentale, come ognuno sa, per ogni variante del Jazz. Della provvisorietà d’ogni discografia Furfaro è ben consapevole, ma sa dar notizie di rilievo, pur concedendo spazio bonario a coloro che amano i cadeaux portati dal vento di Favonio della moda, ahinoi di frequente banalizzata dall’iperproduzione di dischi poco significativi se non noiosetti, che poi spesso danno da vivere alle case discografiche cosiddette minori: di questo, ovviamente, siamo lieti, in fondo ognuno suona o ascolta ciò che gli pare, ci mancherebbe altro. Ma è anche vero che a noi deve restare la lecita possibilità di cassare o, come sarebbe sempre meglio, di non dire.
A merito dell’Autore segnaliamo che in ben undici capitoli egli permette al lettore di muoversi agilmente, sfogliando circa le proprie preferenze su uno strumento piuttosto che un altro, giungendo ad analizzare ben cento dischi pubblicati solo nel biennio 2022/2023, neanche fossimo negli anni 60 tra il Greenwich Village, Los Angeles e New York (un’elefantiasi che in verità può mollar pugni sull’addome) con particolare attenzione al parterre femminile (e questo ci garba davvero molto). Al di fuori d’ogni nazionalismo, ci sentiamo d’affermare che comunque il Jazz di casa nostra è non di rado di grande charme e profondità emotiva, non fosse altro che per la Storia millenaria intrisa di molteplici apporti da Sud, Est ed Ovest che ne hanno da sempre arricchito l’estro mediterraneo. Ultima osservazione, ma non ultima per importanza: sul proprio sito Furfaro mette a disposizione il download gratuito dello scritto, gesto che non può non esser apprezzato, pur se il profumo della carta continuiamo a preferirlo, senza dubbio. Un volume per riflettere e conoscere.
Amedeo Furfaro, 100 dischi di Jazz italiano, The Writer 2023, 128 pp, € 12