28 Dicembre 2024

“Napoli è un vizio (di quelli irrinunciabili)”

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Napoli è un vizio (di quelli irrinunciabili)

Provate a resistere a Napoli, se ci riuscite. Io ci ho provato, e ho fallito miseramente come tutti

di Davide Romano, giornalista

Provate a resistere a Napoli, se ci riuscite. Io ci ho provato, e ho fallito miseramente come tutti. Perché questa città non è un luogo, è una malattia dell’anima che non vuoi curare. Ti prende come una febbre e, proprio quando pensi di esserne guarito, ti ritrovi a prenotare il prossimo biglietto di ritorno.
Mozart lo capì prima di tutti noi. Quando mise piede in questi vicoli nel 1770, il giovane austriaco dalle parrucche incipriate si trovò catapultato in un’opera a cielo aperto. Non erano i teatri di corte di Vienna, ma la musica grezza dei bassi, quella che ti entra nel sangue e non ne esce più. Passava le giornate ad ascoltare i cantori di strada, dimenticandosi persino di mangiare. E Mozart, credetemi, il pranzo non lo saltava mai.
Ma è il mare il vero complice di questa seduzione. Lo stesso mare che ha visto i pescatori del borgo Marinaro uscire all’alba per generazioni, con le loro barche dipinte di blu e rosso. Durante la guerra, quelle stesse barche diventarono la salvezza di centinaia di rifugiati. Li nascondevano sotto le reti da pesca, tra le cozze e le vongole. I tedeschi non si presero mai la briga di controllare: l’odore del pesce era un deterrente più efficace di qualsiasi minaccia.
E poi c’è il Vesuvio, questo vecchio monarca capriccioso che domina il golfo. I napoletani ci hanno un rapporto che farebbe impazzire gli psicanalisti. Lo trattano come un parente anziano un po’ bizzarro: lo rimproverano, ci litigano, ma guai a chi glielo tocca. Nel ’70, durante un terremoto, una vecchia del Rione Sanità lo apostrofò dal balcone come si fa con un nipote discolo: “Guagliò, e mo’ che t’è pigliato?”. Solo a Napoli il vulcano diventa un ragazzino da educare.
La cucina? Ah, la cucina è un’altra storia di ribellione e genio. Prendete la pizza Margherita. Nel 1889, il pizzaiolo Raffaele Esposito ne preparò tre per la Regina. Le prime due le bocciò lui stesso, non erano all’altezza. La terza, nata dalla rabbia e dall’orgoglio ferito, diventò un simbolo nazionale. Tipico di Napoli: il capolavoro nasce sempre da una provocazione.
Nei Quartieri Spagnoli, dove le strade sono così strette che il sole deve chiedere permesso per passare, il caffè sospeso non è beneficenza: è una forma di resistenza culturale. Paghi due caffè e ne bevi uno, l’altro resta in sospeso per chi non può permetterselo. Un gesto che racchiude secoli di filosofia spicciola, più efficace di qualsiasi trattato sulla solidarietà.
L’arte di strada qui non è vandalismo, è cronaca sociale. Nel Rione Sanità, un murales raffigura un vecchio che gioca a carte con un bambino. Gli abitanti ci hanno messo sotto delle sedie vere, trasformando un dipinto in una piazza. Provate a spiegare questa magia a un assessore alla cultura di Milano: vi guarderà come se foste pazzi.
Le scale, poi. Quelle del “petraio”* hanno visto più storie di qualsiasi romanzo di Dumas. Contrabbandieri, amanti in fuga, studenti ritardatari, tutti hanno lasciato un pezzo di vita su quei gradini consumati. C’è chi dice che per capire Napoli bisogna salirle tutte, queste scale. Io dico che bisogna anche fermarsi a metà, ansimare un po’, e guardare il panorama: è lì che la città ti si rivela.
Il tempo? A Napoli è un concetto elastico. Gli orologi delle chiese non vanno mai d’accordo tra loro, come in una repubblica autonoma delle ore. Ma non è anarchia, è saggezza antica: ogni momento ha il suo tempo giusto, e non è quello che segna la lancetta.
Ecco perché Napoli è un vizio: perché ti insegna a vivere secondo regole che sfidano la logica ma obbediscono a una saggezza più profonda. E quando hai imparato a vivere così, tutto il resto ti sembra una pallida imitazione della vita. Non ci sono cure per questo vizio, e ringraziate il cielo che sia così.

* Il “petraio” (o più precisamente “Pedamentina di San Martino”) è una famosa scalinata storica di Napoli, una delle più antiche della città. Il nome “petraio” deriva dal fatto che era originariamente un sentiero scavato nella pietra.”Napoli è un vizio sublime” di Davide Romano

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