19 Gennaio 2025
Empatismo - La rectazione empatica di Mario Pirovano

La recitazione empatica

di Mario Pirovano

Con il Senno di Poi….

A pensarci bene, senza una spiccata carica empatica, quella mattina d’estate, di 30 anni fa alla Libera Università di Alcatraz dove vivevo e lavoravo in quel periodo, a pensarci bene… non avrei potuto esibirmi di fronte ad un gruppo di ragazzi sconosciuti, che se ne stavano andando per i fatti loro.

Tra l’altro ricordo che quella stessa sera venni sollecitato dagli stessi ragazzi e dai loro insegnanti a esibirmi di nuovo per i loro compagni.

Quella notte, poi, me ne resi conto, ero diventato un attore!

Sì, perché la recitazione che misi in atto non era una cosa da poco… si trattava di alcuni brani (dette anche “giullarate”) tratte da uno dei più grandi spettacoli del Novecento, scritto e rappresentato, dai nostri due ultimi premi Nobel per la letteratura: Dario Fo e Franca Rame.

Quello che mi era successo, quella mattina, in quel magico incontro, ha dell’incredibile, e devo dire che allora ne ero completamente inconsapevole.

Certamente ignoravo il termine “Empatia”.

Un anno più tardi fu proprio Dario Fo, a confermarmelo, quando di nascosto da me, si fece accompagnare alla Festa dell’Unità di Castiglion del Lago, vicino Perugia, dove io mi stavo esibendo con il suo Mistero Buffo. La mattina dopo, ritornando alla Libera Università di Alcatraz, venni accolto con un urlo. Sulla porta di ingresso dell’ufficio c’era il Maestro Fo, che mi stava letteralmente urlando: “Mario ti ho visto ieri sera! Hai la forza di un leone!”

Quello stesso giorno mi fece un dipinto con la mia silhouette di attore stilizzata. Accompagnandola con una scritta in “latino volgare”: Mario Pirovano Optimus Fabulatores.

Qualche anno più tardi, sempre in Umbria, a Casa del Diavolo in provincia di Perugia, dopo aver terminato lo spettacolo Lu Santo Jullare Francesco, Jacopo Fo, figlio di Dario e Franca, mi si avvicinò e mi disse: “Complimenti, Mario, hai un capacità empatica enorme con il pubblico!” Quella era la prima volta che sentivo quella parola riferita al mio lavoro. Ma del resto, a dirla tutta, Jacopo Fo è stato il mio primo grande sostenitore, il mio primo ammiratore; tanto da arrivare a chiamarmi “Mario Fo”, facendomi sentire suo fratello e un altro figlio di Dario.

Oggi, a pensarci bene, l’Empatismo promosso da Menotti Lerro è un’altra grande occasione di svolta esistenziale.

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