20 Gennaio 2025
Empatismo L’insieme di più personalità e racconti

L’insieme di più personalità e racconti

di Bernardo Lanzetti

Da ragazzino, quando a casa mia ancora non c’era la televisione, per me, le chitarre elettriche, imbracciate dai componenti dei gruppi musicali, ammirati in foto, potevano essere di porcellana. Alcuni anni più tardi, quando iniziai a intrufolarmi nei “pomeriggi danzanti”, avendo occhi solo per i chitarristi dei vari gruppi, posso ricordare che venivo affascinato non solo dal suono prodotto sullo strumento ma anche dalle geometrie disegnate dalle dita della mano sinistra sulla tastiera: triangolazioni, quadri scorrevoli, rincorse, a volte buffe, sulle scale più diverse. Insomma, per me la chitarra e il chitarrista erano da sentire, ma anche da vedere! Interpreto, ora, quelle microposture, il succedersi di quelle coreografie “digitali”, come un messaggio di empatia importante per la mia formazione artistica.

L’artista, il performer, deve essere visto e, se non propriamente ammirato, quanto meno guardato e interrogato con lo sguardo. Si può imparare a cantare anche solo indagando, a distanza ravvicinata, un bravo cantante. Si può amare la poesia anche solo sentendo parlare un poeta o presenziando a un suo silenzio. Si possono creare amicizie, connubi artistici, senza presentarsi e scambiarsi i contatti. Ogni parola è un serpente, una scatola, un grimaldello, un insieme di sillabe molecolari esplosive. L’architettura permette di raccontare nei secoli, per semplificare o valorizzare lo spazio, di interrogarci sulla nostra esistenza. E poi matematica, geometria, vibrazioni, colori, suoni, significati, significazioni… Forse l’individuo è uno solo e unico, ma anche l’insieme di più personalità e racconti.

La Voce e la Vocalità. Note e Curiosità Empatiche

C’è chi sostiene che, nel mondo ancestrale, il canto sia stata la prima medicina dell’uomo. L’impegno fisico ad emettere suoni articolati e di contenuto armonico, unito alle vibrazioni conseguenti ad investire il corpo umano e eccitare la fantasia di chi canta e di chi è all’ascolto, senza dubbio, produce gli stessi effetti benefici anche nel mondo contemporaneo. I neonati arrivano a riconoscere le madri dall’odore ma anche dal suono della voce e per questo gli educatori le incoraggiano come a dialogare con la loro creatura pur se questa ancora non è certamente in grado di capire le parole, ma già può essere investita dalla vocalità e dalle sue sfumature. Studi più recenti sulle vibrazioni prodotte dalla musica segnalano come le cellule degli esseri viventi – animali, vegetali, umani – traggano appunto beneficio da queste azioni. Pensate come il processo possa migliorare e amplificarsi quando le vibrazioni sono prodotte addirittura all’interno del corpo umano, non solo nella gola ma anche nell’apparato respiratorio e nella maschera facciale. Il grande richiamo e successo dei mega concerti dal vivo, pur grazie alla popolarità dei personaggi, alla pubblicità e all’organizzazione, sono dovuti anche al fatto che il pubblico odierno, a differenza del passato, ha la possibilità di cantare, in massa, addirittura insieme al cantante preferito. Nell’ambito della musica Pop, quella più fruibile e fruita, pochissimi sono i concerti solamente strumentali e, anche in questi casi, è previsto un momento in cui il pubblico possa cantare magari fornendo un pieghevole con la stampa del testo a ciascuno degli intervenuti. Questo canto del pubblico nel concerto, pur poco udibile sotto la massa sonora dei potentissimi impianti audio, costituisce, senza dubbio, un momento catartico. Il corpo si libera e la mente si unisce a un qualcosa molto simile al mito. Le vibrazioni della platea interagiscono con quelle emesse dal palco creando risultanti, magari non così equilibrate, ma comunque d’effetto. L’invenzione e l’uso del microfono ha permesso alla vocalità di essere efficace in ogni sua portata e sfumatura. Questo apparecchio che ha cambiato vari aspetti della musica è una macchina in grado di trasformare l’energia meccanica dell’aria spostata dalla voce in segnale elettromagnetico. Ciò avviene perché all’interno della capsula metallica più visibile, è posta una piccola membrana sospesa in un campo elettromagnetico. L’aria spostata dalla voce investe la capsula facendola muovere così creando variazioni del campo stesso. Questi segnali elettrici possono “viaggiare” nell’apposito cavo fino alla cassa acustica che inverte il compito trasformando il segnale elettromagnetico in vibrazione del cono al suo interno e quindi dell’aria nelle vicinanze. Oggi, del microfono, è più noto l’uso come simbolo di potere, uno scettro, un’arma, quasi un attributo sessuale, mentre è solo un dispositivo che permette agli strumenti musicali di venire poi amplificati e alla voce, in modo particolare, di essere sempre protagonista.

Il canto corale

Il canto corale è una forma di canto dove la disciplina è fondamentale. I coristi sono divisi in gruppi a seconda della loro estensione vocale o registro. Ogni gruppo, solitamente, viene impegnato a eseguire una linea melodica che può essere il canto o una linea attorno ad esso così come voluta dal compositore/arrangiatore. È come se ogni gruppo cantasse una canzone diversa. A livello tecnico, potremmo dire che cantare armonizzando in un coro è meno facile che cantare da solista. Cantare all’interno di un coro è un’esperienza molto interessante con risvolti mistici. Mentre gli strumentisti possono passare ore e ore sul proprio strumento per migliorare la tecnica o studiare una nuova parte da eseguire, i cantanti hanno bisogno di un pubblico per potersi esprimere al meglio. La presenza di un maestro di canto, pur inibitore, è senza dubbio preferibile a cantare da soli in una stanza. Non solo, il movimento per salire su un palco tonifica al meglio il corpo permettendo alla voce di esprimersi al top.

Leggio e video monitor

La Critica e il pubblico sembrano aver perdonato Fabrizio De Andrè per aver sdoganato il leggio, ma purtroppo l’uso di questo oggetto si è diffuso, soprattutto in Italia, in modo esagerato. Tra l’interprete e il pubblico questo rettangolo scuro si frappone celando, con sciatteria e prepotenza, addirittura parte della figura fisica dell’artista. Non solo: il pubblico vede il cantante guardare e consultare il leggio così che diventa naturale spostare l’occhio su di esso come se quel rettangolo amorfo fosse la vera star del concerto. Alcuni usano tablet in sostituzione del cartaceo e ultimamente, si sta affermando l’uso di video monitor con il testo che scorre come nel Karaoke. Va da sé che la performance ne soffre avvicinandosi al dilettantismo. Ritengo che, con alcune eccezioni, il cantante debba imparare a memoria i testi del suo repertorio affinché le parole escano automaticamente dalla sua bocca impegnata invece al puro canto. Occorre prevedere che in alcuni dei primi concerti si possa avere esitazioni o addirittura sbagliare le parole, ma è comunque un percorso da seguire. Mi viene chiesto spesso quali sono i cantanti che più ammiro o che maggiormente mi hanno influenzato. In gran parte, i miei numerosi, grandi e famosi “maestri” li ho potuti “studiare” solo dai dischi perché non è stato possibile ascoltarli dal vivo. È importante anche ascoltare i cantanti alla radio. Sembra che le onde radio stesse certifichino e qualifichino in meglio le qualità delle voci. È stato notato nell’apprendimento del canto, un fenomeno definito “modeling” ovvero imparare non solo ascoltando, ma anche guardando il cantante. Questo sembra incredibile ma in realtà tutti bambini imparano a parlare non solo ascoltando ma anche osservando parlare genitori. Avendo vissuto da adolescente negli Stati Uniti, ho ascoltato e visto diversi bravi cantanti, pur mai diventati famosi, e non posso escludere che parte della mia formazione sia dovuta a quelle esperienze. Con queste premesse, potrebbe sembrare che vedendo un cantante in televisione, ci sarebbe un apprendimento veloce e articolato. Questo non può verificarsi, innanzitutto perché le inquadrature sono scelte dalla regia e soprattutto perché la stragrande maggioranza delle esibizioni canore in TV sono in “playback” ovvero il cantante finge di cantare cercando di muovere la bocca più o meno in sincrono con le parole. Questo avvantaggia l’immagine video – niente sudore, smorfie per sforzo, spruzzi di saliva – ma toglie veridicità e quindi efficacia alla performance come lezione da apprendere. Insomma, questo “modeling” può essere efficace solo dal vivo perché solo in quel modo si crea quel legame empatico tra il vocalist e il fruitore. Curioso lo studio che prova come sia importante per il pubblico poter vedere la bocca del cantante impegnato nell’esibizione. Un viso al buio o un cantante nascosto dai colleghi del gruppo o dell’orchestra, toglie un 50% all’efficacia della performance. La voce umana non è mai pura e perfetta. L’attacco di ogni nuova nota, per i primi millisecondi, è semplicemente un rumore che è quello delle corde vocali che, partendo da zero, iniziano a cercare la vibrazione desiderata. L’intonazione, poi, non è mai perfetta come ad esempio quella di un diapason o di un sintetizzatore appositamente programmato, ma è questo che la rende così unica, comunicativa e così capace di entrare in sintonia con l’ascoltatore. Parlando di note cantate, comunemente si arriva ad accettare che l’intonazione possa variare da un +25% a un -25%, rispetto alla vibrazione richiesta. A volte, rapiti dall’esibizione canora, il cervello degli ascoltatori è in grado di non prendere nota delle eventuali stonature pur di non rovinarsi l’ascolto! Alcuni appassionati di canto si saranno accorti quanto sia più facile e divertente cantare in auto durante un viaggio. Il rumore del motore e quello delle ruote sull’asfalto, un misto di frequenze basse o medio-basse, creano quello che, in campo musicale, è chiamato “bordone”, come un muretto o un materasso su cui appoggiare la propria voce. Chiaramente occorre cantare, non canticchiare con un avvertimento: cantare in queste condizioni può anche creare momenti di euforia o rapimento mistico che possono compromettere la guida sicura e responsabile. Ho già ripassato il repertorio, ho indossato gli abiti da scena, importanti perché aiutano a entrare nella parte, e sto lasciando il retropalco. Solo nei concerti alla luce del sole posso vedere bene il pubblico oltre il proscenio ma, solitamente, esso è nella penombra perché è il solista il soggetto da inquadrare e illuminare. Automaticamente, mentre guadagno la mia postazione microfonica, lo sguardo corre a “decifrare” rapidamente alcune delle persone nelle prime file o altre posizionate in favore di luci riflesse. Questa azione si ripeterà ancora, soprattutto nelle prime fasi del concerto, magari durante i momenti strumentali o gli applausi. Anche inconsciamente, si arriva a “fissare” punti della sala come a “mappare” il pubblico. Non so come sia per gli altri cantanti ma per me questa è l’unica azione visiva perché, in verità, quando canto non vedo il pubblico… Attraverso la musica della band o dell’orchestra o anche solo della mia chitarra, cantando le parole agganciate alle note della melodia, mi metto in comunicazione con i maestri e i miti del passato, divento il personaggio che vive la storia cantata. Pensate: un attore entra in un personaggio per settimane o addirittura per mesi ma un cantante può essere numerosi personaggi nell’arco di un solo concerto. Nel posizionamento così raggiunto e descritto in precedenza, mi impegno nel “delivery”, un’espressione americana molto azzeccata che descrive la “consegna” del messaggio emozionale e artistico. Confesso che, nei miei concerti, questo “delivery” penso e sogno di indirizzarlo non solo al pubblico ma anche all’Universo…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *