L’arrivo di mio zio in Brasile

“Per tutti gli immigranti italiani che sono stati costretti a lasciare la loro patria”.

di Giovanni Lovisi
Nella primavera del 1966, io e mio padre siamo andati a Rio de Janeiro a prendere mio zio che arrivava dall’Italia. Lungo la strada, osservavo le rose che fiorivano meravigliosamente, emanando un dolce e freschissimo profumo di speranza. Dopo un viaggio di quattro ore, siamo arrivati in città all’imbrunire e abbiamo trascorso la notte in un piccolo hotel vicino al porto. La leggera brezza marina che soffiava attraverso le vecchie finestre della stanza rinfresca la calda serata stagionale.
Al mattino presto, abbiamo visto la nave italiana Eugenio C. ormeggiata alla banchina. Abbiamo fatto una colazione veloce e ci siamo diretti verso il porto. Quando abbiamo visto mio zio, abbiamo accelerato i nostri passi per salutarlo il prima possibile. È stato un abbraccio intenso e duraturo tra due fratelli che non si vedevano da anni. La sera, per festeggiare il nostro incontro, abbiamo deciso di cenare nel ristorante della nave. Sul ponte dell’imbarcazione, abbiamo colto l’occasione per osservare la radiosa luna che brillava nel cielo azzurro di primavera, ricoperto di stelle scintillanti.
Così, sistemati al ristorante, mio padre e mio zio hanno assaporato il pane con le melanzane al forno accompagnato da un legittimo vino rosso toscano. È stato commovente condividere la celebrazione della loro felicità, che si manifestava nei loro sorrisi accattivanti e negli occhi che lacrimavano per la nostalgia. Tuttavia, dopo cena, mentre cercava di scendere la scaletta d’imbarco, mio padre è quasi caduto a causa dell’abuso di alcol. Ricordo che questa occasione é stata l’unica volta che l’ho visto inebriato dalla gioia. Ricordo che é stata l’unica volta che l’ho visto così felice in Brasile. Infatti, l’amore per l’Italia era il pane ed il vino per la sua anima.