L’11 LUGLIO DEL 1979 FU UCCISO GIORGIO AMBROSOLI PERCHE’ ?
di Pietro Cusati detto Pierino
La notte dell’11 luglio del 1979 l’Avv. Giorgio Ambrosoli , commissario liquidatore della Banca Privata Italiana,
il “nemico di Sindona ma non l’amico dei potenti”, venne ucciso sotto casa a Milano,aveva 45 anni. Perché Ambrosoli? ‘’ A quarant’anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. ‘’Ho dovuto pestare i piedi a troppa gente che sta nel Palazzo».’’ Con l’incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato , ne ho la piena coscienza, solo nell’interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo .I nemici comunque non aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria, e purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie’’ .L’Avv. Giorgio Ambrosoli era il 12 luglio del 1979 avrebbe dovuto sottoscrivere una dichiarazione per confermare la necessità di liquidare la banca. Il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti aveva definito il banchiere Siciliano , l’Avv. Michele Sindona: “il salvatore della lira”, ma pochi mesi dopo, nell’aprile del 1974, la Franklin fu dichiarata fallita. Il Commissario Giorgio Ambrosoli si rese conto della complessità della questione derivante dagli intrecci tra finanza, politica, criminalità e massoneria. Giorgio Ambrosoli era cattolico, aveva studiato Giurisprudenza a Milano e si era specializzato nel settore fallimentare. Nel 1974 Guido Carli, l’allora governatore della Banca d’Italia, gli affidò l’incarico di commissario liquidatore della Banca Privata Italiana. Un anno dopo Ambrosoli scrisse alla moglie una lettera che non le consegnò, ma che la moglie ritrovò solo più tardi tra i fascicoli .«Anna carissima, è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I. ,Banca Privata Italiana , atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica. Non ho timori per me perché non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente di ogni colore e risma non tranquillizza affatto. È indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese. Dovrai allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto . Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa’’. Dopo cinque anni Ambrosoli concluse il procedimento di liquidazione, impedendo il salvataggio della Banca Privata Italiana. Ai funerali di Giorgio Ambrosoli non partecipò alcuna autorità pubblica, a parte alcuni esponenti della Banca d’Italia. Giulio Andreotti sull’uccisione di Giorgio Ambrosoli disse: «Questo è difficile, non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici, certo è una persona che in termini romaneschi se l’andava cercando». Poi si scusò e disse di essere stato frainteso.