23 Novembre 2024

Disabilità e ottusa burocrazia: storia di Enza

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di Pasquale Scaldaferri

Una lettera accorata. Un messaggio forte, pregno di pudore e sconfinata umanità.

Mai una parola fuori luogo, un concetto sopra le righe, un’espressione volgare e gratuita. E ci sarebbe più di un motivo, una serie di spunti – oltre che la situazione d’impotenza più assoluta – per esecrare l’ottusa burocrazia, la cecità amministrativa e lo stato di insipienza sesquipedale in cui versa l’apparato politico amministrativo di una delle regioni più scalcagnate d’Italia, in cui il diritto alla salute oltre ad essere perseguitato da un destino cinico e bastardo è sovente vilipeso da funzionari inetti e poco avvezzi al rispetto della persona, ma protesi esclusivamente a compiacere il potente di turno, piuttosto che preservare la Dignità dei cittadini. Che poi è lo specchio della propria dignità.

Enza Angrisano è un’elegante signora di Villammare – ridente frazione balneare del pittoresco borgo medievale di Vibonati – diversamente abile dalla nascita, con invalidità riconosciuta del 100% più accompagnamento. Derubricata, nel gelido idioma amministrativo, come disabilità gravissima.

Nel 2015 il marito, Biagio Barberino, cessa l’attività lavorativa per poterle prestare assistenza e cura personale, essendo sprovvista di autosufficienza.

Ovviamente la situazione economica diviene sempre più drammatica e la pensione di invalidità che Enza Angrisano percepisce non riesce a coprire le spese quotidiane e le cure di cui necessita.

Soltanto nel 2019 – dopo lunga ed estenuante attesa – le viene riconosciuto il diritto di ricevere l’assegno, un sostegno economico destinato alle persone in situazione di handicap grave, erogato direttamente alla persona disabile.

Uno strumento alternativo all’inserimento in una struttura residenziale che permette alla persona con disabilità di rimanere nel proprio contesto sociale e affettivo e dunque condurre una vita “indipendente”.

Per l’anno 2020, come previsto da regolamento, riceve tramite due bonifici bancari provenienti dal Piano di Zona S9 la somma complessiva di 14.400 euro, corrispondenti a 1.200 euro mensili.

L’anno successivo inizia il percorso a ostacoli, prodromo della situazione kafkiana deflagrata con la lettera-denuncia.

La responsabile del PdZ S9 (che consta del coordinamento di 17 comuni, capofila Sapri), Gianfranca De Luca comunica alla signora Angrisano “che i fondi arrivati dalla Regione non potevano coprire le somme dovute a causa dell’aumento improvviso del numero degli aventi diritto all’assegno di cura nella nostra zona”.

Ergo, il primo settembre 2022, il bonifico scende a 5.760 euro a copertura dell’intero anno 2021 (pari a 480 euro mensili). Per poi essere cassato definitivamente. Ma nel 2023 la burocrazia farraginosa e bizantina, va oltre. Dispone una visita domiciliare di un’assistente sociale in rappresentanza dell’efficientissimo PdZ S9 con l’intento di verificare le condizioni di disabilità permanente (palese antinomìa), comunicando l’infausta notizia inerente alla sospensione dell’assegno di cura.

Il sussidio, secondo una scellerata visione politico-amministrativa, spetterebbe solo a coloro che oltre alla disabilità avessero l’assistenza domiciliare integrata e fornita da un infermiere che presta soccorso a domicilio.

Enza Angrisano non demorde, ma la sua tempra di donna risoluta e tenace nel convivere con la disabilità e sfidare lo strabismo dell’elefantiaco apparato statale e regionale, alimenta la diuturna e personale battaglia, che coinvolge numerose altre persone nel Cilento e Vallo di Diano.

La invitano a sottoscrivere la richiesta per il “Dopo di Noi”, la legge 112 del 2016 con cui si garantisce la massima autonomia e indipendenza alle persone con disabilità all’atto della scomparsa dei genitori o del coniuge. Cosa c’entri ciò con il caso in questione, non è dato sapere.

Nel ginepraio di carte, norme e codicilli, firma una richiesta per assumere una badante per 4 o 5 ore al giorno per sei giorni a settimana e la Regione Campania (qualora approvasse) riconoscerebbe un assegno mensile di 780 euro al mese per 12 mesi, con divieto assoluto di assumere un familiare.

“Il codice civile consente di poter assicurare un familiare nel caso in cui al disabile venga riconosciuto l’accompagnamento, come nel mio caso (art.1 comma 3 legge 1403 del 31 dicembre 1971), ma per il Piano S9 questa legge non esiste, non posso assumere mio marito -afferma costernata, ma non sconfitta, Enza Angrisano.

Eppure la quintessenza del Piano di Zona S9 è “promuovere e assicurare la pari dignità sociale della persona, le pari opportunità e l’effettiva tutela dei diritti sociali di cittadinanza, attraverso l’attuazione e nel rispetto del principio di sussidiarietà, di un sistema di protezione a livello regionale e locale, fondato sulla corresponsabilità dei soggetti istituzionali e sociali che concorrono alla costruzione di una comunità solidale per promuovere la prevenzione, la riduzione, la rimozione delle cause di rischio, l’emarginazione, il disagio e la discriminazione in tutte le sue forme, favorendo l’integrazione e la partecipazione di tutti i membri della società”.

Tutti nobili e cristiani princìpi che, ad onta dell’astratto manifesto delle buone intenzioni, sprofondano nell’oblio dell’indifferenza e del linguaggio specioso.

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