INTERVISTA A DONATO MONTESANO, autore del romanzo “Chi ha polvere spara”
Intervistato il giovane scrittore tricaricese, Donato Montesano, autore del romanzo “Chi ha polvere spara”, basato sulla vita del rapinatore lucano, Pancrazio Chiruzzi
di Federico Maria Santangelo
Primo incontro con Pancrazio Chiruzzi?
“Il primo incontro è stato a casa sua, a Torino. Essendo lucano e tricaricese da parte di madre conoscevo la sua storia, ma avevo voglia di parlare direttamente con lui, ero curioso di incontrare personalmente uno dei rapinatori più noti d’Italia. Accettò di incontrarmi, rispondendo ad ogni mia domanda, con grande apertura e sincerità: dall’infanzia in Basilicata alle prime rapine al nord, dai bottini miliardari al carcere duro, fino all’uscita di galera dopo più di trent’anni e alla sua relazione con Eva, la sua attuale compagna, dalla quale ha avuto anche un bambino, Donato.”
Cosa ti ha colpito e cosa ti ha spinto a voler raccontare la sua storia?
“Sicuramente la sua è un’esistenza fuori dal comune, ma ci sono tanti elementi che mi hanno colpito e mi hanno fatto venir voglia di raccontarla con un romanzo. Innanzitutto, la generosità e l’amore di quest’uomo per la vita: dopo tutti quegli anni di carcere ha mantenuto determinazione e voglia di mettersi in gioco continuamente. Basti pensare che dopo essere uscito di galera è nata la storia d’amore con Eva, la quale era sposata con uno dei suoi avvocati. Già questo basterebbe per un romanzo. Un’altra cosa molto interessante è una sorta di “etica” dei rapinatori dell’epoca, totalmente indipendenti e solidali tra loro; decidevano per esempio di non affiliarsi assolutamente ad associazioni mafiose, con tutti i rischi che una scelta del genere poteva comportare soprattutto in carcere. Infine, mi intrigavano i punti in comune che trovavo con lui sul modo di concepire la vita, nonostante l’appartenenza a generazioni differenti. Per cui mi piaceva pensare che raccontando la sua storia potessi raccontare anche parte della mia e di persone che ho conosciuto.”
I modelli letterari di questo progetto?
“Non ci sono modelli letterari specifici, volevo che in questo libro ci fosse davvero tutto quello che ho assimilato negli anni leggendo, vedendo film, ascoltando canzoni. Per cui è possibile trovare riferimenti dall’Odissea a Edward Bunker, da Sergio Leone a Coppola, da Luigi Tenco ai Pink Floyd. C’è da aggiungere, però, che per rendere più veritiero possibile il contesto sociale e quello criminale, ho voluto approfondire tante biografie, soprattutto di rapinatori di quel periodo. Non volevo basarmi solo sul racconto di Pancrazio, ma avere una panoramica quanto più possibile completa.”
Parliamo di un altro personaggio che, in qualche modo, ti ha condizionato: Antonio Infantino. Qual è stato il tuo rapporto con lui, cosa ti ha lasciato questa figura?
“Conoscere Antonio Infantino è stata una delle fortune più belle che mi siano capitate. Ricordo che tartassai di domande anche lui, la prima volta che ci incontrammo. In quel periodo ero fissato con la letteratura americana e gli chiesi di Fernanda Pivano, che aveva curato la prefazione per un suo libro di poesie, edito da Feltrinelli. Da quella volta è nato un bellissimo legame e ogni volta lo ascoltavo cercando di imparare il più possibile dalla sua cultura sconfinata, ma soprattutto dal suo modo di guardare ogni dettaglio della vita: con la curiosità e la meraviglia di un bambino.”