23 Novembre 2024

In viaggio da sette anni, ha girato il mondo, fermandosi a lungo nei Paesi per conoscerli a fondo. Da due mesi e mezzo è in Iran e nei suoi post su Instagram si spinge a parlare delle ragioni delle proteste, con un presago accenno a quello che potrebbe accadere: “Non riesco ad andarmene da qui, ora più che mai. E non lo faccio per sfidare la sorte, ma perché anche io ora, sono parte di tutto questo”

AGI – Alessia Piperno, 30 anni di cui sette passati consecutivamente in viaggio per il mondo, si trova in Iran da due mesi e mezzo. Secondo il racconto fatto dai suoi genitori è stata arrestata il 30 settembre, un paio di giorni dopo il suo ultimo post sul dettagliatissimo account Instagram, ma potrebbe essere stata fermata prima, quando in Italia cominciarono a girare voci sulla cattura di cittadini europei durante le manifestazioni contro il velo. Manifestazioni alle quali Alessia, figlia di una famiglia ebrea di cartolai e librai della capitale, ha se non partecipato, quantomeno assistito, come racconta lei stessa nei suoi post. “Non penso che dimenticherò mai quella prima notte” scrive, “Avevamo corso verso l’ostello con il cuore in gola, mentre i suoni degli spari rimbombavano alle nostre spalle e l’odore del gas si emanava nell’aria. In quei secondi non so cosa abbia pensato la mia mente mentre i miei occhi giravano impazziti su se stessi. Ho chiuso la porta dell’ostello mentre la gente urlava per le strade. Dopo nemmeno 30 secondi ho sentito bussare violentemente alla porta dell’ostello. Erano due donne, due uomini e due bambini. Tossivano bruscamente per aver respirato il gas, e la donna più anziana aveva un attacco d’asma e di panico.“Milk, milk”. Urlavano. Mentre gli passavo un bicchiere d’acqua (…) Tra un colpo di tosse e un respiro affannato, i miei occhi sono andati verso l’angolo del cortile, ed è lì che ho visto LEI. Era seduta a terra, con le gambe rannicchiate, non piangeva, ma le lacrime le rigavano sul viso, tremava, e i suoi occhi guardavano un punto fisso. Una bambina, di cui nome non so. Eppure, non dimenticherò mai la sua espressione, era il volto della paura. Mi sono avvicinata a lei, le ho dato un biscotto, una gomma da masticare, ma lei ha rifiutato. Non sapevo come distrarla, perché il caos era intorno a noi, davanti i nostri occhi e dentro le nostre orecchie. Così le ho dato il mio telefono, ho aperto le note, e le ho fatto vedere che poteva fare un disegno. Ha disegnato una casa”.

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