Cilento: Salento, sindaco piccona la cultura
L’intervento – Cilento: Salento, sindaco piccona la cultura
di Pasquale Scadaferri
Quando nel 2013 Palmira, la Sposa del Deserto – nell’antichità una delle più importanti città della Siria – venne sventrata e vilipesa durante la guerra civile con la distruzione del sito archeologico per mano del gruppo terrorista islamico, nessuno immaginava che un oltraggio alla storia, alla cultura, alle radici, al libero pensiero, si sarebbe consumato anche a Salento, suggestivo centro a sud della provincia di Salerno, ricadente nel perimetro dell’omonimo Parco Nazionale Cilento Vallo di Diano Alburni.
Non siamo davanti alla tragedia dello Stato mediorientale, ma la gravità del provvedimento lascia basiti, soprattutto perché adottato dal primo cittadino, eletto appena un mese fa.
Il sindaco Michele Santoro, cardiologo, d’imperio e senza consultare la sua squadra di governo, ha fatto rimuovere dalla facciata del municipio le maioliche in fine ceramica di Vietri sul Mare, su cui erano trascritte poesie che gli stessi autori avevano affisso con le proprie mani all’esterno del palazzo comunale.
Ostentando la liceità del suo gesto, il capo dell’amministrazione l’ha giustificato a motivo di un deturpamento della sede istituzionale.
Insomma, quelle poesie arrecavano offesa per lui e la popolazione salentina.
Eppure, il piccolo paese cilentano -1793 abitanti, Sala di Gioi fino al 1863 – se non fosse stato per il Premio Internazionale Cilento Poesia, ideato e promosso dalla fertile e sana utopia di un brillante scrittore, Menotti Lerro, non avrebbe mai conquistato la notorietà che dal 2017 l’ha proiettato nell’orbita internazionale.
Un borgo altrimenti ignoto ai più, persino a numerosi abitanti del Cilento. Né l’involontaria e fatua omonimia con il celeberrimo tacco pugliese dello stivale italiano aveva favorito popolarità, fama e prestigio.
Così, sette anni fa, Menotti Lerro – un “sovversivo” malato di cultura – crea il Paese della Poesia.
Lavorando sodo e guardato a vista come un appestato – condizione in cui spesso si trovano gli intellettuali quando si affacciano all’uscio degli infingardi – lo scrittore innamorato del Cilento invita e premia i maggiori poeti italiani, i quali donano poesie inedite dedicate al territorio (Milo De Angelis, Franco Loi, Dacia Maraini, Valerio Magrelli, Davide Rondoni, Vivian Lamarque, Giampiero Neri, Maurizio Cucchi, Nejwan Darwish, Elio Pecora e altri dello stesso prestigio), allestendo così un’inestimabile silloge a cielo aperto apprezzata da scolaresche e premiata dalla Sovrintendenza ai beni culturali e dal ministero della Cultura.
Il Paese della Poesia, grazie a Lerro approda anche alla Central Library di Edimburgo e presso l’Accademia di Belle Arti di Brera.
Ma non fa i conti con l’iconoclastia culturale del sindaco eletto con il 42,55% dei suffragi.
Tra i primi passi del mandato tricolore, Michele Santoro spazza via sonetti, odi, strofe. Senza alcun pentimento: <<Il provvedimento non trova ragion d’essere in un’azione punitiva diretta ai nostri predecessori, infatti quando furono affisse le prime poesie dalla totalità della popolazione si levarono alte le proteste di coloro che gridarono allo schifo, giudicando quelle mattonelle imbrattanti ed indecorose, profanatrici delle lapidi che ad imperitura memoria dei Caduti sono ospitate sulle medesime pareti. In ossequio al citato decoro, si sceglie la pulizia quale elemento fondante del rispetto che si deve ad una sede istituzionale; ho deciso io e basta, ho chiamato un operaio comunale e gli ho chiesto di toglierle>>.
Eppure il sindaco-cardiologo prometteva un cambiamento significativo all’insegna di partecipazione e ascolto attivo.
L’Onda Alta, il raggruppamento civico vittorioso il 10 giugno scorso, rischia così di trasformarsi in un cavallone che travolge tutto: buonsenso, progresso, cultura e ristoro dell’anima.
Se nel suo manifesto elettorale Michele Santoro prometteva di “ascoltare tutti per decidere insieme”, con questa azione lo sfregio alla civiltà del sapere risulta immane.
Tornare indietro sulla sua scelta sarebbe auspicabile, obliterando la decisione, forse (ci auguriamo!) non condivisa neppure da alcuni suoi elettori. Ma al di là delle schermaglie politiche -da cui l’apprendimento, l’arte, la scienza dovrebbero essere immuni- Michele Santoro receda dal suo atto e rimetta al centro del progetto amministrativo la gioia della conoscenza, del dialogo, del confronto.
Quando si bruciano libri, cancellano poesie, calpestano idee, si disperde la memoria. Censura, annullamento di autonomia e indipendenza, finiscono sempre per coinvolgere tutti. Anche chi ispira una tetra ideologia, incipit del potere biasimevole che sfocia nella sistematica pulizia di comprensione e consapevolezza. Come la storia, nelle pagine più drammatiche del secolo breve, ricorda a monito. Perché, inevitabilmente, alla condanna del dissenso, segue sempre la criminalizzazione. E il vile pestaggio!