LA POLEMICA
Napoli, Pulcinella e il simbolo fallico
PASQUALE SCALDAFERRI
a superato i confini comunali l’opera di Gaetano Pesce, costata oltre 200 mila euro e che nell’immaginario dell’artista doveva raffigurare Pulcinella, ma per molti napoletani -fuoriclasse di ironia, un po’ meno quando debordano nel becero sarcasmo- sembra quasi un profilattico. Peraltro mal riuscito.
Con una cifra esorbitante non si cambia esteticamente e culturalmente il mondo, ma certamente si potrebbe contribuire all’inclinazione verso la qualità e non percorrere in modo ossessivo tragitti perigliosi.
L’arte ci ha sempre abituati a espressioni dai tratti distintivi votati allo scandalo, spesso allo sdegno, al raccapriccio, poche volte alla mera rappresentazione del political correctness.
LA PROVOCAZIONE – Certi personaggetti politici credo che desiderino e meritino questo nel loro territorio -ha tuonato sui social l’intellettuale Menotti Lerro- che punta l’indice anche sui milioni di euro sperperati per “festicciole patetiche, arte squinternata, cantautori da strapazzo e saltimbanchi che starnazzano parole vuote per le strade con l’avallo di agenzie mangia soldi”.
La polemica sull’opera del designer ligure continua a infuriare sui mass media, provocando un’infinità di commenti, battute, contrapposizione e il consueto, proverbiale e ineguagliabile umorismo del popolo partenopeo.
Certo, l’arte non ha mai connotazioni profonde se è sprovvista di reazioni, o commenti anche al vetriolo.
Ma l’opera partorita da uno tra i più grandi esponenti del panorama artistico italiano e del design radicale, non lascia disorientati per l’intima natura del modello esposto, ma imprigiona il progetto Napoli contemporanea in un angusto argomentare che trascina anche una persona sobria, equilibrata e colta come Gaetano Manfredi a fornire una risposta quasi scontata, per non dire banale.
Rispondendo alle domande del caporedattore centrale della Tgr Campania, Oreste Lo Pomo -già tra i collaboratori prediletti di Sergio Zavoli- il sindaco non ha saputo dare ulteriori spiegazioni, incapace di elaborare un giudizio completo ed esauriente, trincerandosi dietro il minimum “si è parlato di Napoli nel mondo come non mai, per l’opera di Pesce”.
Cosa fortunatamente non vera, essendo Napoli oggetto di attenzioni, dibattiti, conferenze, focus per la sua storia, cultura, patrimonio artistico, ambientale, tradizioni, folklore, geniale inventiva delle persone.
Dichiarazione che non ci saremmo mai aspettati da un ex rettore della Federico II, lungimirante ministro dell’Università e della Ricerca, durante la pandemia di Covid-19, in pole position per la presidenza dell’Anci, l’associazione dei comuni d’Italia, soprattutto coraggioso facitore di un progetto di riforma che prevede l’abolizione dell’esame di stato per svolgere la professione di biologo, architetto, farmacista, veterinario, psicologo e dentista, semplificando le modalità di accesso all’esercizio dell’attività professionale.
Ecco perché stonano le affermazioni agli organi di informazione, pressappochiste e poco oculate, ma evidentemente protese solo a preservare l’operato dei suoi collaboratori, in primis lo storico e critico d’arte Vincenzo Trione, suo diretto consigliere alla Cultura e della curatrice Silvana Annicchiarico.
L’OPERA DELLA DISCORDIA – Tu sì ‘na cosa grande, è un pulcinella stilizzato che da subito ha dato la stura a infuocate discussioni, battute sardoniche, smodata ilarità, tesi burlesche, satira sprezzante, per via della forma fallica, divenendo espressione di teorie bizzarre e prese di posizione al fulmicotone.
Lo spazio urbano di cui l’arte intende appropriarsi non sempre si concilia con il sentimento della gente, altresì con il sigillo propositivo dell’artista a cui viene commissionata l’opera.
A Napoli era già successo con la Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, simbolo dell’arte povera e messaggio forte e stridente del classicismo con il disordine del modernismo.
Addirittura quell’opera, installata in piazza Municipio il 28 giugno 2023, fu distrutta da un incendio il 12 luglio successivo, nuovamente installata il 1° marzo 2024 e ad agosto definitivamente spostata nella chiesa di San Severo al Pendino.
La creatività popolare, come la bellezza, da queste parti è sempre molto fertile. Ma davanti a progetti dirompenti, a tratti anche di rottura, non è lecito indulgere a sentimentalismi o a giudizi di parte.
Crediamo fermamente che Gaetano Pesce non avesse la minima volontà di offendere i napoletani, ma intendesse rendere un omaggio “all’amata Napoli, donando due cuori, celebrando il lato più femminile e colorato di Pulcinella, vestendolo con tonalità vivaci, in netto contrasto con il tradizionale bianco. È stato un gesto di grande dolcezza, che ha messo in risalto una Napoli ricca di sfumature, aperta e accogliente, proprio come l’amore che lui provava per lei” -hanno subitaneamente rimarcato i figli Jacopo e Milena.
Lo scultore dello “scandalo” ha suscitato reazioni divergenti e contrastanti, proprio per l’innata vocazione a inseguire la diversità, giammai l’omologazione.
L’autore del Pulcinella di 12 metri, non ha mai fatto mistero a ricercare uno stile personale con qualche cosa che è il suo contrario: l’incoerenza.
In un’epoca di velocità supersonica, dove valori e pensieri vengono immolati sull’altare delle contraddizioni immanenti, l’artista di La Spezia ha sempre cercato di colpire con singolari creazioni, sovente esposte nei più prestigiosi musei del mondo.
Ma stavolta ci è apparsa troppo divisiva e controversa la sua produzione, che ha finito tra l’altro per rendere ancora più criticabile un’area tra le più grandi e belle d’Europa, finita nel mirino di esteti e ambientalisti dopo gli oltre 20 anni di restyling che ne ha depauperato spazi verdi, riducendola a una landa desolata, secondo le critiche più feroci.
Al di là delle dispute linguistiche e delle polemiche, dispiace maggiormente non poter fare alcune domande allo scultore spezzino, purtroppo non più tra noi dal 3 aprile scorso.
Tuttavia, sgorgano incessanti le riflessioni, i pensieri, i quesiti, sull’opportunità di collocare proprio in quel luogo la creazione di Pesce, che sarà rimossa il 20 dicembre e sulla cui ubicazione, ovviamente, l’autore è esonerato da ogni responsabilità. Da attribuire alla penuria di visione strategica e operativa di chi ha commissionato l’opera e successivamente deciso il luogo di installazione.
Maggiore accortezza e migliore sinergia avrebbero evitato insipienti contese e sterili, pen(os)e discrepanze.