15 Novembre 2024

“E se dicessimo che la vittoria elettorale di Trump non è diversa, in merito agli effetti, da una vittoria di Kamala Harris per l’Europa e per l’Italia?”

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di Gianfrancesco Caputo

Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno vissuto uno scenario politico caratterizzato da una forte polarizzazione e da figure politiche di rilievo che hanno avuto un grande impatto tanto sul loro Paese quanto a livello globale. Tra i protagonisti della scena ci sono Donald Trump, rappresentante di un nazionalismo populista e identitario, e Kamala Harris, simbolo di una continuità della linea democratica attuale. Tuttavia, il quesito provocatorio ci spinge a una riflessione più profonda: in che modo la vittoria di Trump sarà davvero diversa da quella, che poi non si è realizzata, di Harris per l’Europa e per l’Italia?

La risposta, a sorpresa, potrebbe essere che gli effetti di una vittoria di uno o dell’altro non sono poi così diversi per gli europei e per gli italiani come si potrebbe immaginare.

A prescindere da chi ha vinto, la politica estera americana sta prendendo da anni una direzione sempre più isolazionista. Già durante la presidenza Obama si osservava una certa ritrosia ad impegnarsi in nuovi coinvolgimenti internazionali, e sia con la passata amministrazione Trump che con l’ amministrazione Biden questa linea è stata ulteriormente enfatizzata. L’America ha ridotto il suo ruolo di “poliziotto del mondo” e ha optato per una politica che tende a concentrarsi su priorità interne, dalla lotta alla disuguaglianza economica ai problemi infrastrutturali.

In questo senso, sia Trump che Harris risultano ugualmente distanti rispetto agli interessi europei, mantenendo una tendenza che porta gli Stati Uniti a gestire le loro risorse con un occhio più puntato sulle questioni domestiche. Per l’Europa e l’Italia, dunque, questa nuova versione di “America first” potrebbe tradursi in una maggiore autonomia nella gestione di questioni internazionali, dalla difesa alla sicurezza economica.

Il dibattito sull’autonomia strategica dell’Europa continuerà a essere centrale, durante la precedente presidenza Trump, l’Europa ha sentito in modo particolare la spinta a difendere con maggiore indipendenza i propri interessi, specialmente nelle questioni legate alla sicurezza e alla politica commerciale. La linea dura di Trump verso la NATO e le sue critiche alla dipendenza energetica europea dalla Russia hanno spinto i leader europei a prendere in considerazione alternative e a investire in capacità difensive autonome.

Con una presidenza Harris, pur con un approccio più diplomatico e dialogante, l’Europa avrebbe potuto continuare a percepire una certa insicurezza nell’affidarsi agli Stati Uniti, soprattutto in un contesto geopolitico sempre più multipolare e imprevedibile. Il blocco europeo, inclusa l’Italia, dovrà quindi proseguire il percorso verso una difesa e una politica estera più coese e indipendenti, anche per non essere in balia delle scelte unilaterali statunitensi.

Un altro punto di potenziale convergenza tra Trump e Harris riguarda il protezionismo economico. Sebbene le modalità siano diverse, sia i repubblicani che i democratici degli ultimi anni hanno adottato strategie protezioniste per tutelare l’industria e il mercato del lavoro americano, una tendenza nata con Trump ma continuata anche con Biden, specie in relazione alla competizione con la Cina.

Trump ha messo in atto pesanti dazi contro vari Paesi, compresa la Cina e in parte anche l’Europa. Anche i democratici, sebbene meno aggressivi in questo senso, hanno mantenuto una certa attenzione al protezionismo. Una presidenza Harris, infatti, avrebbe potuto proseguire su questa strada, cercando di limitare l’importazione di prodotti esteri per favorire il rilancio dell’industria americana, specialmente in settori cruciali come la tecnologia e la produzione automobilistica.

Per l’Europa e l’Italia, questo protezionismo significa trovarsi ancora una volta in una posizione difficile per quanto riguarda le esportazioni. Le imprese italiane, infatti, vedranno un mercato statunitense sempre più chiuso, con poche possibilità di espansione e margini di guadagno ridotti, costringendole a cercare nuove strategie e a diversificare la propria presenza commerciale in altre aree del mondo.

Mentre Trump si è mostrato spesso scettico rispetto ai temi ambientali e ha spinto per il rilancio dei combustibili fossili, i democratici si sono focalizzati sulla transizione energetica e sulle energie rinnovabili. Kamala Harris, in particolare, ha sempre sostenuto politiche ambientaliste e una sua amministrazione avrebbe potuto accelerare la transizione verso un’economia a basse emissioni. Ma quale impatto ci sarebbe stato sull’Europa?

Paradossalmente, anche in questo caso, gli effetti per l’Europa sarebbero potuti essere non molto diversi. Trump ha vinto, l’Europa continuerà semplicemente nel suo percorso verde senza poter fare affidamento sul supporto americano, cercando di costruire nuove alleanze (magari con Paesi come la Cina, che sta investendo molto nelle energie rinnovabili). Se invece avesse vinto Harris, l’Europa si sarebbe trovata a collaborare con un partner che ha gli stessi obiettivi, ma che avrebbe rappresentato anche un forte competitor per il primato tecnologico nelle energie verdi. In entrambi i casi, la necessità per l’Europa di investire e accelerare la propria transizione energetica sarebbe rimasta inalterata.

Sia Trump che Harris, con diverse sfumature, vedono nella Cina un rivale strategico. Il repubblicano ha adottato una linea dura, imponendo sanzioni e mettendo in difficoltà aziende come Huawei. Anche i democratici, pur con toni meno aggressivi, hanno continuato su questa strada, consapevoli che la competizione con la Cina riguarda sia la tecnologia che la leadership economica globale.

Questa situazione, per l’Europa e per l’Italia, rappresenta una sfida complessa: mantenere un equilibrio tra l’alleanza storica con gli USA e i crescenti rapporti economici e commerciali con Pechino. Con Trump, l’Europa ha visto aumentare le pressioni per limitare le collaborazioni con la Cina, mentre Harris avrebbe potuto fare lo stesso, sebbene in modo meno conflittuale. In entrambi i casi, l’Europa si sarebbe comunque trovata nella posizione di dover prendere decisioni difficili per bilanciare le sue relazioni con questi due giganti.

Seppur diversi nello stile e nei valori, Trump e Harris incarnano due visioni degli Stati Uniti che, in termini pratici, non sembrano essere così lontane nei loro effetti sull’Europa e sull’Italia. Entrambi, in modi differenti, sono portatori di un’America che si interroga sul proprio ruolo internazionale e sulla propria identità economica, costringendo gli europei a ripensare la loro strategia globale e a fare i conti con la propria autonomia.

L’Europa, inclusa l’Italia, dovrà dunque essere pronta a gestire queste dinamiche globali senza illusioni, consapevole che la futura amministrazione americana continuerà a mettere in primo piano gli interessi interni, spingendo i partner europei a fare altrettanto.

Gianfrancesco Caputo
Coordinatore Partito Socialista Italiano Golfo di Policastro

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