12 Gennaio 2025
CENTENARIO - Inno di Sant’Antonio Abate, compleanno a tre cifre di Pasquale Scaldaferri

Inno di Sant’Antonio Abate, compleanno a tre cifre

PASQUALE SCALDAFERRI

Cento anni fa, all’alba del 1925 -mentre a Roma, in un clima di grande preoccupazione, Pio XI apre la Porta Santa- nel pittoresco borgo di Vibonati, un poeta e valente latinista, don Gherardo Polito (fratello di monsignor Francesco, vicario capitolare della diocesi di Policastro) si cimenta nel componimento dell’inno in onore del patrono, Sant’Antonio Abate.

Discendente di una delle famiglie più nobili del comprensorio, don Gherardo è il paroliere di un testo musicato dal sacerdote Luigi Puoli, all’epoca parroco della Cattedrale di Policastro.

don Gherardo Polito

Il suggestivo paese medievale cilentano, sede tra gli altri del gentilizio palazzo de Nicolellis -già dimora di Garibaldi- della signorile abitazione Oscar Magaldi e della residenza nobiliare Vecchio, rinomata costruzione in miniatura del celeberrimo edificio di piazza della Signoria a Firenze, riportata agli antichi splendori con iniziative ludico-culturali dal lungimirante rampollo della famiglia, Fabrizio Vecchio, si arricchisce così di un ulteriore, inestimabile patrimonio culturale.

Vibonati è stato sempre luogo privilegiato di aristocratici e intellettuali, ma anche di artigiani, scultori e maestri della tavolozza.

Come il preclaro, Emanuele Lione, che fa della sobrietà la missione artistica e grazie ad estro e ingegno creativo -corroborato da profonda pudicizia- si può annoverare tra gli artisti coevi più ricercati nell’Italia meridionale.

Durante l’Anno Santo 1925 Ubi Arcano Dei, il Papa si augura di vedere riuniti a Roma tutti i vescovi -segno tangibile dell’unità cristiana- e la devozione di don Gherardo Polito contribuisce a rendere ancora più solenni i festeggiamenti in onore di Sant’Antonio Abate, attraverso una straordinaria e caleidoscopica processione, unica e originale.

Antiche usanze e vecchi riti si consumano, senza soluzione di continuità, animati da profondo sentimento religioso per il Santo -padre dei monaci- che affascina tutti, laici e fedeli.

Una venerazione totale che non sconfina mai nel fanatismo o, peggio, nella superstizione, ma al contrario suggella il legame indissolubile di questa comunità con il patrono.

Vibonati è capoluogo di spiritualità e con decreto dell’illuminato vescovo di Teggiano – Policastro, Antonio De Luca, il Santuario è anche elevato a luogo di ritrovo dei pellegrini per il Giubileo 2025.

STORIA – Sant’Antonio Abate nasce a Qena (Egitto) nel 251 dopo Cristo.

A 18 anni, rimasto orfano, si ritira in un castello abbandonato oltre il Nilo, seguito dai primi discepoli ed eremiti, restandovi per circa venti anni.

Si stabilisce presso il suo eremo del Mar Rosso dove, dopo aver predetto la sua fine, muore a 105 anni: è il 17 gennaio del 356.

Prima di cessare la sua esistenza terrena invita i suoi discepoli a non rivelarne la sepoltura, per sfuggire agli onori: la sua tomba, infatti, viene scoperta soltanto nel 565.

A Saint-Antoine-l’Abbaye, comune francese di 1172 abitanti nel sud-est della  Francia -uno dei villaggi transalpini più belli- nella chiesa abbaziale degli agostiniani risalente al secolo XI, considerata tra i più alti esempi di architettura gotica, vi si conserva un braccio del patrono di Vibonati.

Protettore degli animali (il 17 gennaio ricevono la benedizione sul sagrato del Santuario vibonatese), invocato anche contro le malattie infettive e contro il fuoco, in suo onore si è diffusa la tradizione dei falò.

<<Agli inizi del secolo scorso si decise di posticipare la festa e spostarla a una domenica di luglio per scongiurare il pericolo di precipitazioni –rammentava con dovizia di particolari fino al 2018 anno della scomparsa, Gino Polito, memoria storica e pronipote di don Gherardo- ma in estate non si è mai celebrata poiché, a data ormai stabilita si scatenò un temporale di tale intensità da costringere gli organizzatori a ripristinare la ricorrenza il 17 gennaio>>.

Sul pergamo si sono sempre avvicendati gli oratori religiosi più famosi e facondi.

Nel corso della processione per le vie del paese i bambini indossano, fino all’anno successivo, il saio benedetto.

RELIGIONE E FOLKLORE – Non solo i residenti si stringono intorno al Santo ma anche gli emigranti sono presenti, sia scegliendo di rientrare nella cara terra natìa il 17 gennaio -anziché Natale o Pasqua- oppure collegandosi telefonicamente con i propri familiari nell’attimo in cui la statua sosta nei pressi delle rispettive abitazioni.

Vibonati si veste a festa dalle 22 del 16 gennaio e le campane ogni ora suonano a stormo per 15 minuti con spari di mortaretti e richiami solenni.

Anche il pranzo segue un rituale leggendario: viene consumato intorno alle 18.00, al termine della processione che, partendo dal Santuario, si snoda attraverso paesaggi incantati.

Esattamente da un secolo: da quel sabato 17 gennaio 1925 in cui don Gherardo Polito realizza la sua opera imperitura. Per Sant’Antonio Abate. E l’amata Vibonati.

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