Recensione
Maldonato e “Il mistero del sigillo reale”
PINA CIMMINO
eggere un libro può evocare emozioni paragonabili a quelle suscitate dall’ascolto di un brano musicale.
A me è successo, leggendo Il mistero del sigillo reale, il romanzo di Franco Maldonato. Mi ha preso la suggestione rievocativa che avevo provato ascoltando la colonna sonora del film Nuovo Cinema Paradiso. Sfogliare ricordi, sentimenti, esperienze, non con atteggiamento intimistico, ma con la consapevolezza forse sì, un po’ nostalgica, di aver vissuto un tempo della vita, pieno di senso, denso di significato, personale e sociale.
Ed è stato inebriante ritrovare in quelle pagine il volto, la freschezza, l’idealità di un ragazzo che acquisisce crescente consapevolezza della sua vita come mission irrinunciabile, eticamente educata alla scuola del pensiero più alto e disposta tuttavia a scandagliare, senza remore intellettualistiche, anche i reconditi meandri del suo cuore, ove scopre annidati i più nobili sentimenti, in una pregevole concezione olistica della persona.
L’abile intreccio letterario tra l’esplorazione delle proprie vie interiori (con luci ed ombre, certezze e speranze), la passione civile (che lo impegna in vere e proprie investigazioni, per svelare intrighi, interessi personalistici nella politica e nell’ amministrazione) e, contemporaneamente, la ricerca di verità storiche truci e misconosciute fa del protagonista, Mino, un emulo di Odisseo, che non teme di affrontare il pelago della vita, ma al contrario, con onestà intellettuale, intraprende temerario la navigazione alla ricerca della verità. Atteggiamento che giunge a renderlo inviso all’establishment politico, che ne attenta l’indipendenza di pensiero e di azione, con blandite lusinghe, finalizzate a carpirne il consenso e ottenerne connivenza. Mino è il contraltare di quanto più bieco possa produrre il potere che interpreta arrogantemente il proprio ruolo, eludendone la funzione di servizio alla collettività.
Il tratteggio perspicace di personaggi reali, che balzano in altorilievo alla lettura di chi quei soggetti ha conosciuto, rende con precisione il loro spessore umano, morale e intellettuale, dando ragione della cronaca e della storia che, circa mezzo secolo fa, si è dipanata nel Cilento, addentellata agli eventi nazionali che caratterizzarono quegli anni.
È un lavoro scritto in punta di penna, senza indulgenze sentimentalistiche o prosaiche, che si inscrive a pieno titolo nel novero dei romanzi di formazione, in cui i due misteri che alimentano la curiosità di un giovanissimo protagonista dischiudono un percorso di ricerca che condurrà poi l’adolescente alla scoperta del senso della vita, embricando la realizzazione personale con il debito nei confronti della comunità, a cui finisce per dedicare – sacrificando ogni altra passione, compreso l’amore di coppia! – tutta la sua tensione ideale. Quasi lirica direi –i gusti musicali giovanili e i maggiori cantautori, evocati in coincidenza di ogni tornante della storia, ne danno la prova– ma bilanciata sempre da lucido pragmatismo, come si conviene a chi fa della filosofia politica un’arte del vivere civile, con buona pace di Platone.