12 Febbraio 2025

I Finanziamenti Illeciti dell’URSS al PCI, una scomoda eredità per gli attuali catto-comunisti

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I Finanziamenti Illeciti dell'URSS al PCI, una scomoda di Gianfrancesco Caputo

Durante la Guerra Fredda, il Partito Comunista Italiano (PCI) ricevette ingenti finanziamenti dall’Unione Sovietica

di Gianfrancesco Caputo

Durante la Guerra Fredda, il Partito Comunista Italiano (PCI) ricevette ingenti finanziamenti dall’Unione Sovietica, una pratica che si protrasse presumibilmente fino alla caduta del Muro di Berlino nel 1989. Questi fondi, destinati a sostenere l’influenza del partito nella politica italiana, rappresentarono un elemento chiave della strategia sovietica per contrastare l’influenza statunitense in Europa occidentale.

Il sostegno economico al PCI iniziò già negli anni ’40, con l’obiettivo di rafforzare il partito e consolidare la sua presenza nel panorama politico italiano. L’Unione Sovietica considerava l’Italia un punto nevralgico per l’espansione dell’influenza comunista in Europa occidentale, e il PCI, guidato da figure di spicco come Palmiro Togliatti ed Enrico Berlinguer, rappresentava il principale strumento per raggiungere tale scopo.

I finanziamenti avvenivano principalmente attraverso canali clandestini, spesso sotto forma di valigette piene di denaro consegnate da agenti sovietici a intermediari italiani. Questi fondi servivano per sostenere la propaganda, l’organizzazione del partito, le campagne elettorali e persino alcuni sindacati vicini alla causa comunista.

Grazie a questi contributi, il PCI riuscì a mantenere una forte presa sulla società italiana, specialmente nei settori dell’”intellighenzia”, della cultura e del sindacalismo. Negli anni ’70, il partito raggiunse il suo massimo storico di consensi, superando il 30% dei voti nelle elezioni politiche del 1976. Tuttavia, il cosiddetto “Compromesso Storico” proposto anche da Berlinguer, che mirava a un’alleanza tra comunisti e democristiani, suscitò il malcontento del Cremlino, che temeva un’eccessiva autonomia del PCI rispetto alla linea sovietica.

Dopo la fine della Guerra Fredda, diverse inchieste e documenti desecretati confermarono l’esistenza dei finanziamenti sovietici al PCI. L’ex funzionario del KGB Vasili Mitrokhin, fuggito in Occidente nel 1992, fornì un’ampia documentazione su queste operazioni, rivelando che l’URSS trasferiva al PCI milioni di dollari ogni anno. Altri documenti, come quelli dell’archivio di Mosca, hanno ulteriormente corroborato queste affermazioni. Secondo la scheda 122 del dossier Mitrokhin, nel 1971 il PCI ricevette 1,6 milioni di dollari dall’URSS, una cifra che aumentò significativamente negli anni successivi: 5,2 milioni nel 1972, 9 milioni nel 1974, 6,5 milioni nel 1976 e ancora 1 milione nel 1977. Nulla esclude che tali finanziamenti siano proseguiti fino al crollo del Muro di Berlino nel 1989.

Con la dissoluzione dell’URSS nel 1991 e la conseguente fine dei finanziamenti sovietici, il PCI subì una profonda crisi, che lo portò a trasformarsi prima in Partito Democratico della Sinistra (PDS) e poi nei successivi partiti della sinistra italiana. Senza il sostegno economico sovietico e con il crollo del comunismo in Europa, il partito perse progressivamente il suo peso politico, sancendo la fine di un’epoca.

I finanziamenti illeciti dell’Unione Sovietica al PCI rappresentano uno degli aspetti più controversi della storia politica italiana del XX secolo. Sebbene il PCI fosse un partito di massa con un forte radicamento popolare, il supporto economico sovietico ne ha inevitabilmente influenzato le strategie e le scelte politiche.

Nel corso della storia repubblicana italiana, diversi partiti hanno dovuto fare i conti con il proprio passato, rivedendo scelte, alleanze e responsabilità politiche. Tuttavia, non si può dire altrettanto del Partito Comunista Italiano (PCI) e del suo erede politico, nato da quella che molti definiscono una “fusione a freddo” tra cattolici progressisti e comunisti “pentiti”.

Uno degli aspetti più controversi riguarda proprio i finanziamenti che l’Unione Sovietica versò ai comunisti italiani durante la Guerra Fredda. Un argomento rimasto per troppo tempo sottotraccia, nonostante la documentazione disponibile.

Aldo Tortorella storico dirigente di primo piano del PCI, in un’intervista rilasciata a Walter Veltroni sulle pagine del Corriere della Sera, ha ripercorso la rotta di questi finanziamenti, ma senza fornire spiegazioni definitive. La questione rimane quindi irrisolta, ovvero un partito che ha ricevuto ingenti somme da una potenza straniera, nemica dell’Italia in tempo di Guerra Fredda, non è mai stato chiamato a rispondere di questo in sede giudiziaria o politica. Non per mancanza di prove, ma per una scelta politica ben precisa.

Oggi, i cosiddetti Democratici, eredi di quella tradizione catto-comunista, non hanno ancora affrontato apertamente questa pagina oscura della loro storia. Eppure, senza una reale assunzione di responsabilità, qualsiasi lezione di moralità che questi partiti pretendano di impartire agli avversari politici risulta priva di credibilità. Affrontare il passato è un dovere morale e democratico, fino a quando ci sarà un velo di omertà su questi fatti, resterà un’ombra indelebile sulla storia della sinistra italiana.

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