21 Novembre 2024

La bocciatura scolastica illegittima è fonte di danno morale soggettivo e di danno patrimoniale da lucro cessante, in ragione del subito rallentamento del percorso di istruzione nonché del suo ingresso nel mondo del lavoro.

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di Pietro Cusati

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria ,Sezione Prima, ha condannato il Ministero dell’Istruzione e un istituto superiore della Liguria, in solido tra loro, a corrispondere a una studentessa per una bocciatura illegittima subita all’esito degli esami di riparazione della terza classe frequentata nell’anno scolastico 2010/2011,la somma di euro diecimila , oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali e al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite, di € 2.500,00, oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato.

A causa dell’illegittimo comportamento dell’Amministrazione scolastica, connotato da grave colpevolezza, la studentessa ha dovuto ripetere il terzo anno della scuola media superiore, ritardando il suo percorso scolastico ed accademico, nonché, conseguentemente, l’accesso al mercato del lavoro. Il Ministero dell’Istruzione e l’Istituto Scolastico Superiore si sono costituiti in giudizio, opponendosi all’accoglimento del ricorso. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria,Sezione Prima,con sentenza emessa nella camera di consiglio del 22 luglio 2022, ha ritenuto che la bocciatura scolastica illegittima lede, sulla base di un giudizio prognostico, l’interesse pretensivo della studentessa ad essere ammessa alla classe IV, è, anzitutto, fonte di danno patrimoniale da lucro cessante, in ragione del subito rallentamento del suo percorso di istruzione nonché del suo ingresso nel mondo del lavoro, con inevitabili ripercussioni in termini di ritardo nella percezione del reddito e nel versamento dei contributi previdenziali.​​​​​​​E’, altresì, fonte di danno morale soggettivo sofferto dalla studentessa, attesa la sua sofferenza ed il suo patema d’animo, eziologicamente ascrivibili all’illegittima bocciatura.

Il consiglio di classe non aveva valutato la preparazione complessiva dell’alunna, né nello scrutinio di giugno, né in sede di esami di riparazione ad agosto, mentre l’apprezzamento del rendimento generale sarebbe stato necessario sia alla luce dei buoni voti conseguiti dalla discente nelle altre materie (per le quali aveva riportato una media di 7,4/10), sia per via del conclamato conflitto insorto tra l’allieva (ed altre compagne) e la professoressa di matematica, sia in ragione del fatto che i metodi didattici dell’insegnante erano stati oggetto di dubbi e contestazioni (come emergeva dalla stessa relazione della docente in data 17 settembre 2011); – i voti negativi in matematica e fisica attribuiti alla studentessa nello scrutinio di giugno non erano presenti sul registro dell’insegnante; – la professoressa aveva utilizzato per la ragazza un metro valutativo molto più rigoroso rispetto a quello applicato ai suoi compagni, come provato da apposita perizia di parte, nella quale la consulente aveva evidenziato che, per compiti in classe svolti in modo pressoché identico a quelli di altri alunni, alla ricorrente erano stati assegnati voti più bassi, con palese disparità di trattamento, i punteggi dell’esame di riparazione non rispettavano i criteri di valutazione prefissati dalle griglie contenute nel P.O.F. (piano dell’offerta formativa); – due esercizi della prova di recupero di fisica presupponevano la conoscenza di elementi di trigonometria, argomento estraneo al programma trattato durante l’anno scolastico. In secondo luogo, sussiste in capo all’Amministrazione la colpa per aver emanato gli atti di cui si discute.Le illegittimità riscontrate appaiono infatti rimproverabili e non scusabili, sia per la loro numerosità, sia per la sussistenza (anche) del vizio di disparità di trattamento, particolarmente stigmatizzabile per il suo carattere “odioso”, tanto più in quanto inficiante l’attività valutativa condotta nell’ambito del sistema pubblico di istruzione e nei confronti di una ragazza minorenne.È inoltre evidente che, in conseguenza della bocciatura, la ricorrente ha dovuto rifrequentare la classe III^, rallentando il suo percorso di istruzione ed il suo ingresso nel mondo del lavoro. Inoltre i genitori dell’alunna, all’epoca dei fatti minorenne, avevano prontamente reagito alla condotta illegittima dell’istituto scolastico, non solo impugnando il provvedimento di non ammissione alla classe IV^, ma anche avanzando in via cautelare istanza di sospensione che, però, non era stata accolta . Onde essi hanno tenuto un comportamento diligente, ai sensi dell’art. 30, comma 3, secondo periodo c.p.a. e dell’art. 1227, comma 2, cod. civ., utilizzando tutti gli strumenti di tutela messi a disposizione dall’ordinamento giuridico.

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