21 Novembre 2024

L’incredibile storia di Rocco Petrone: originario di Sasso di Castalda, divenne l’uomo del “go” per lo sbarco sulla Luna

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dal web – Rubrica Storie Italiane di Francesco Sampogna

Rocco Petrone, l’italiano dell’Apollo 11, era originario di Sasso di Castalda. Per celebrare i 130 anni di vita il quotidiano Il Mattino dedica periodicamente la prima pagina ad avvenimenti storici del passato. Oggi è toccato all’edizione in edicola il 21 luglio del 1969: “Un’éra nuova nella storia dell’umanità -Sono sulla Luna”.

Ne parliamo per ricordare uno dei protagonisti dell’evento: Rocco Anthony Petrone, ingegnere e ufficiale statunitense dell’Esercito degli Stati Uniti d’America, un pioniere della corsa allo spazio.

A Rocco Petrone, figlio di emigrati italiani, emigrati in America dalla località lucana di Sasso di Castalda che dista pochi chilometri dal Vallo di Diano, ha dedicato un interessante libro il giornalista Rocco Cantore, giornalista e vicedirettore della Testata Giornalistica Regionale della Rai, dal titolo “DALLA TERRA ALLA LUNA. Rocco Petrone, l’italiano dell’Apollo 11” con prefazione di Tito Stagno (Rubbettino Editore, 2019). Proprio dal libro di Renato Cantore sono tratte le notizie di seguito riportate.

Rocco Antony Petrone fu il direttore del lancio dell’Apollo 11 da Cape Kennedy il 16 luglio del 1969: è l’uomo del “go” alla missione che avrebbe portato i primi uomini sulla Luna. Figlio di contadini lucani che avevano cercato fortuna in America, era nato ad Amsterdam, New York, nel 1926. Non aveva ancora sei mesi quando il padre morì in un terribile incidente, travolto da un treno. Lo attendeva una vita di sacrifici ai quali Rocco non si sottrasse. Imponente nel fisico (“sembrava un giocatore di football, 1,90 metri di altezza per quasi un quintale di peso”) e vivace nell’intelligenza si pagò gli studi lavorando. A diciassette anni fu ammesso all’Accademia Militare di West Point dove fece parte della squadra vincitrice del campionato nazionale di football. Diventato ufficiale dell’esercito americano, completò gli studi al Massachusset Institute of Tecnology e divenne uno dei maggiori esperti di missili e rampe di lancio.

Nel 1960 entrò alla Nasa per espressa richiesta di Wernher von Braun, lo scienziato tedesco individuato dagli USA per battere i Sovietici nella corsa alla conquista dello spazio, lavorò alla costruzione del Saturno V e della mitica rampa di lancio 39 da cui partirono gli astronauti verso la Luna. Poi fu promosso direttore del programma Apollo e, al culmine della carriera divenne il numero tre della Nasa.

La severità di Petrone sul lavoro è testimoniata dall’appellativo con il quale veniva chiamato dai collaboratori. Scrive in proposito Renato Cantore: “…Centinaia di tecnici venivano interrogati per ore con accurata precisione e con domande alle quali bisognava rispondere con assoluta sicurezza e con il problema riesame del problema. E a porre le domande ci avrebbe pensato lui direttamente. Fu così che divenne “la tigre di Cape Kennedy”. Ingegneri e tecnici di solida esperienza erano terrorizzati dai suoi veri e propri interrogatori”.

Nel libro Renato Cantore, oltre a ricordare la radici lucane di Petrone e i suoi viaggi a Sasso di Castalda per conoscere la nonna e gli altri congiunti, analizza con la necessaria acribia la notevole quanto importante attività svolta da Rocco Petrone che nel 1975 lasciò la Nasa e a cinquant’anni si reinventò un altro mestiere, e si trasferì per qualche anno a Rochester, nello Stato di new York, come presidente e chief executive del National Center for Resource Recovery, una joint venture tra governo, industria privata e Università per la ricerca sul riciclo dei materiali e la produzione di energia dei rifiuti solidi. Ma la passione per i voli spaziali non lo abbandonava. E all’inizio degli anni ’80 accettò la proposta della Rockwell International, l’azienda che costruiva lo Shattle. Si trasferì in California e si dedicò alla progettazione e alla costruzione delle nuove navette spaziali anche dopo l’esplosione in volo della navetta Challanger (28 gennaio 1986) che lui aveva cercato di evitare consigliandone il rinvio senza essere ascoltato. Rocco Petrone continuò ad occuparsi di navette, stazioni spaziali e lanci fino al 1989 quando decise che era arrivato il momento di smettere e di ritirarsi con la moglie Ruth, che l’aveva seguito con tanta pazienza nelle sue avventure da una parte all’altra dell’America, nel buen retiro di Palos Verdes Estatesl la cittadina del Pacifico dove aveva acquistato una villetta nel verde per dedicarsi ai suoi amati studi sulla guerra civile americana e dove si spense il 24 agosto del 2006.

Nella prefazione al libro di Renato Cantore il giornalista Tito Stagno, protagonista della celeberrima telecronaca dello sbarco sulla Luna così ricorda Rocco Petrone, da lui incontrato nel 1966 negli Stati Uniti: “Serbo il ricordo di un uomo severo ma, così mi parve, profondamente buono, che nella istintiva cordialità ricordava la sua origine italiana, anche se con me parlò solo rigorosamente in inglese. Incontrai Rocco Petrone al Centro Addestramento di Houston, dove si preparavano gli astronauti per il progetto Apollo. Mi parlò del Saturno V, delle missioni in programma e si spinse ad accennarmi anche qualcosa su quello che immaginava dovesse essere l’obiettivo dopo lo sbarco dei primi uomini sulla Luna. Da lui sentii parlare per la prima volta dello Shuttle, la navetta spaziale. Petrone mi impressionò per la sua struttura fisica, lo sguardo intenso, la mascella quadrata, il suo vestire molto yankee con quella camicia candida, maniche corte e collo lungo e inamidato che faceva un po’ inorridire noi abituati all’eleganza italiana. Ma più di tutto mi impressionò l’aria di rispetto che lo circondava. I suoi collaboratori, giovani che venivano dalle più importanti Università americane lo chiamavano tutti manager, capo, e non perdevano una parola o un suo sguardo”.

Ancora oggi per “l’italiano dell’Apollo 11” parlano i risultati ottenuti. Non a caso Isom A. “Ike” Rigell, ingegnere capo delle operazioni di lancio Kennedy Space Center, Florida, ha scritto di lui: “Nessuno potrà mai dire bene abbastanza di Rocco Petrone. Non saremmo mai arrivati sulla Luna in tempo o, forse, non ci saremmo mai arrivati senza Rocco”.

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