22 Novembre 2024

Rubrica: «Personaggi,avvenimenti e luoghi del nostro Sud» a cura di Vincenzo Ciorciari

Così si salvò l’Arca nel Diluvio Universale

Antonio è sempre stato schivo e riluttante nell’esibire titoli anche se per la comunità di più di uno potrebbe fregiarsi tenendo conto delle ricerche da anni condotte sul comportamento degli uomini e delle conclusioni lasciate nei suoi scritti che però conosciamo solo oralmente, ossia fruibili grazie a come ce li legge il nipote Tonino … dall’unico foglio su cui li scarabocchia lo zio e che non consegna a nessuno: perduto o distrutto il foglio, quanta saggezza scomparirebbe dal nostro paese e forse oltre.

Comunque secondo la sua ricostruzione Noè, stressato e distrutto per il disastro dei 40 giorni del Diluvio sulla terra, si illudeva di trovare consolazione nell’unica capanna rimasta in piedi sulle pendici del monte Ararat ma anche qui arrivò l’acqua minacciosa ed ecco inventarsi di trasformare la baracca in galleggiante. Con le sottane delle sue donne vi issò degli stracci di vele e si lasciò portare dalla corrente.

Per il sommo della sfortuna, a meno di un miglio venne fermato dall’unico vigile sopravvissuto che, per collaudata pratica già da allora, si trovava a timbrare il cartellino per due suoi colleghi e fu sottoposto alla prova dell’etilometro. Il palloncino esplose impazzito e per recidiva a Noè venne bloccata l’Arca.

Il vegliardo a questo punto ricordò di essere stato elettore di un politico italiano, di quelli che prima del Diluvio già andavano in giro per il mondo ad aggiustare i problemi del mondo, e infatti questa volta per il sommo della fortuna, riuscì a fargli riavere la patente ma con gran rabbia del vigile che gliela aveva sospesa. Poco o niente importa tenuto conto che, come riconoscono storici e popolino, a quell’avvenimento epocale viene attribuita la più importante invenzione dell’umanità.

La ruota? No. La scrittura? No. La religione? No. La raccomandazione!

Nei testi antichi del Tevere inquinato, più antichi e sporchi e morti di quelli del Mar Morto, un nipote della moglie di Antonio che arrivò in Italia con un barcone – soltanto per scroccare il viaggio ma nessun’altra illazione- in un giorno di grazia e di lucida sbornia riuscì a decifrare come già dopo un anno del Diluvio fosse stata fondata l’Associazione A.R.A.R.A.T. (Anonima Raccomandazioni di Anonima Raccomandati contro Anonima Tartassati) che nel corso dei secoli ha mandato al neurodeliri migliaia di italiani caduti in depressione irreversibile.

Di quella scoperta fece tesoro il nipote e la sfruttò al massimo, si iscrisse alla associazione, si integrò perfettamente nella società italiana facendosi portare al Parlamento e nominare pure Ministro e da allora continua a fare il bello e il brutto tempo nel nostro Stivale che gli calza sempre più stretto ma non vuole andare in Europa perché dice che vuole resterà l’ultimo inespugnabile bastione vivente ad amare, proteggere, difendere solo l’Italia.

Usiamo dire che le colpe dei padri ricadono sui figli, qui invece è da fare retromarcia in quanto le colpe del nipote ricaddero sullo zio perché l’encomiabile decisione di quello provocò un vero e proprio cataclisma nella cultura peninsulare tant’è che più di una notte gli appaiono in sonno anime che si dolgono e si lamentano:

La Silvia buttò nella monnezza napoletana (Leopardi) Giacomino:
“E potrei io osare tuttora competere con la nova itala sapienza?”

Prese a bastonate e fracassò le sue radio (Marconi) Guglielmino:
“A credermi genio e inventore a me mancherebbe ogni creanza”.

Alla sua Pietà senza nessuna pietà staccò la testa Michelangelino:
“Trattenermi in libri, cataloghi, musei, sarebbe grossa indecenza”.

Piangeva e lacrimava poscia che inventò la pila (Volta) Sandrino:

“Dio, come son somaro io in Italia fra tanta cultura che avanza”.

Maceravasi per il suo farraginoso libronzolo (Alighieri) Dantino:

“Ammazzatemi, vi supplico, son colpevole di troppa ignoranza!”.

Consolavasi di non riscrivere altre storie (Machiavelli) Niccolino:

“Per fortuna che a tutte le mie opere secoli orsono diedi licenza”.

Pregava e pentivasi in sua tarda e pia età (Manzoni) Alessandrino:

“Sicuro sono che dal Divin Fattore giammai riceverò indulgenza”.

Ovvio che tutti questi disgraziati artistucci e altri loro colleghi ancora più scalcagnati avrebbero preferito che l’Arca fosse rimasta sull’Ararat e fosse trasformata in una stazione turistica o che la Guardia Costiera avesse bloccato e rispedito a casa il nipote di Antonio e anche lui avrebbe tranquillamente riposato nella casa del Pieglio ma oggi è tanto difficile credere ai sogni.

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