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14 Aprile 2025

di Gianfrancesco Caputo – segretario territoriale per la Campania Italia del Meridione

Se l´immagine classica del capitano d’industria è quella dell´imprenditore solitario che, rischiando con i propri mezzi, riesce a moltiplicare i profitti con l´idea giusta al momento giusto e buona capacità di decisione, il capitalismo italiano, specialmente quello di marca settentrionale, al contrario, si caratterizza fin dagli inizi come un capitalismo sostenuto di continuo dallo Stato, sia attraverso istituti pubblici di politica industriale (ad esempio l’Istituto Ricostruzione Industriale), sia tramite provvidenze bancarie agevolate, che hanno spesso innescato, colossali crolli finanziari.

Questa è la dovuta premessa per smentire che le politiche clientelari ed assistenzialiste siano state realizzate solo nel Mezzogiorno d’Italia, infatti una delle più rappresentative industrie del nord, la Fiat Chrysler Automobiles (oggi Stellantis, holding multinazionale olandese produttrice di autoveicoli, nata dalla fusione tra i gruppi Fiat Chrysler Automobiles e PSA, la società ha sede legale ad Amsterdam ), dopo aver beneficiato di 7,6 miliardi di euro di contributi concessi dallo Stato dal 1977 ad oggi, senza considerare gli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione di cui la Fiat Chrysler Automobiles ha usufruito negli anni, ha deciso di dare il ben servito all’Italia e agli italiani e ha trasferito nel 2014 la propria sede legale in Olanda e la propria sede fiscale nel Regno unito quotandosi alla borsa di New York e Milano.

Con questa decisione la Fiat Chrysler Automobiles ha dimostrato quanto del capitalismo assistito sia stato realizzato a beneficio degli interessi di questa iconica grande impresa del nord, infatti dopo aver spremuto l’Italia, la Fiat Chrysler Automobiles non si è fatto alcuno scrupolo ad abbandonare la nazione che ha finanziato i suoi profitti e socializzato le perdite a carico di tutti i lavoratori italiani, in special modo i lavoratori del sud, indotti all’emigrazione per contribuire agli splendori economici della grande impresa del nord “quale esercito industriale di riserva”.

Senza dubbio risponde a verità che le scelte della Fiat Chrysler Automobiles sono il risultato della debolezza dei governi che si sono succeduti e che sono stati incapaci di indicare scelte di politiche economica, i governi italiani invece di indirizzare le scelte della Fiat Chrysler Automobiles hanno subito una vera e propria sudditanza che è il più lampante esempio di capitalismo assistito tutto rivolto verso il settentrione.

Non è noto, almeno a chi scrive, se in conseguenza del trasferimento della sede legale e fiscale della Fiat Chrysler Automobiles, sia mai stata applicata una “exit tax” da parte dello Stato. L’exit tax si basa sul concetto, secondo il quale lo Stato dovrebbe percepire un “compenso” per il fatto di aver contribuito a far sviluppare, nel proprio territorio e tramite la sua popolazione, quella società che ora vuole portare all’estero la sua residenza fiscale, in applicazione dell’art. 166, co. 1, T.U.I.R.

Qual è stato dunque il risultato di questa estrema forma di assistenzialismo nei confronti di questa grande impresa del nord? Il trasferimento della sede fiscale dall’Italia a Londra per pagare meno tasse, e la delocalizzazione per pagare di meno i lavoratori, a fine 2020 Fca dava lavoro in Italia a circa 47 mila dipendenti diretti, tremila in meno rispetto al giugno 2004, data di avvio dell’era Marchionne. In Francia si mantiene su quota 220 mila, in Germania addirittura conta oltre 851 mila addetti.

Dunque il drenaggio di risorse umane dal Mezzogiorno d’Italia e le regalie assistenziali da parte dello Stato, una volta esaurito il processo di trasferimento di ricchezza, hanno determinato un grande sistema industriale del nord a scomparire dal cosiddetto “sistema paese” perché il ciclo di sfruttamento si era ormai concluso. Questo è ciò che non dobbiamo mai dimenticare quando qualcuno blatera di un nord produttivo che tira la carretta e di un sud passivo ed assistito, come abbiamo potuto vedere la verità è un’altra e nessuno la racconta.

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